Note:


1 È il caso dell'ottimo P. Ortoleva, Mediastoria. Mezzi di comunicazione e cambiamento sociale nel mondo contemporaneo, Milano, Net, 2002. Per un'impostazione più vicina ai cultural studies che ai media studies, attenta alle resistenze e alle sfumature "dell'azione e del significato" nei complessi mediali-culturali si veda, a mo' di introduzione, R. Silverstone, Perché studiare i media?, Bologna, Il Mulino, 2002. Per il ruolo dell'immaginario si veda P. Flichy, L'imaginaire d'Internet, Paris, La Découverte, 2001.

2 I. Illich, Nella vigna del testo. Per un'etologia della lettura, Milano, Raffaello Cortina, 1994.

3 Per le conseguenze e le interdipendenze dell'invenzione della stampa, sul piano sociale e storico, ma con minor attenzione alla costituzione del testo, rimane comunque fondamentale E. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, Bologna, Il Mulino, 1986.

4 I. Illich, Nella vigna del testo, cit., pp. 5-6.

5 È la falsariga su cui si muove, ad esempio, una recente inchiesta di "Newsweek", in un numero dedicato a The Youth of Future, 30 giugno 2003, n. 26.

6 L'eclisse delle memorie era il titolo di un convegno linceo di una decina d'anni fa: T. Gregory e M. Morelli (a cura di), L'eclisse delle memorie, Bari, Laterza, 1994.

7 L. De Carli, Internet. Memoria e oblio, Torino, Bollati-Boringhieri, 1997, pp. 112-113.

8 Il concetto di multimedialità eredita l'onnicomprensività del termine medium tipica del pensiero di McLuhan. In quest'ultimo, tuttavia, tale estensione rispondeva a una precisa necessità teorica, come Renato Barilli ha mostrato già molti anni fa (R. Barilli, Estetica e società tecnologica: Marshall McLuhan, in "Il Mulino", marzo-aprile 1973, n. 126, pp. 264-300), mentre oggi si riversa acriticamente nell'uso corrente, accompagnata, paradossalmente, da una sorta di monografismo schematico sulle proprietà di singoli "mezzi di comunicazione".

9 M. Ricciardi, Le comunità virtuali e la fine della società testuale, in La cultura per il XXI secolo, a cura di P. Cesi e P. Borgna, Torino, Einaudi, 1998, pp. 130-155.

10 A. Abruzzese, Analfabeti di tutto il mondo uniamoci, Genova , Costa & Nolan, 1996.

11 M. Costa, L'estetica dei media. Avanguardie e tecnologia, Roma , Castelvecchi, 1999.

12 F. Pellizzi, L'ipertesto come forma simbolica, in "il verri", n. 16, maggio 2001, p. 73.

13 Per una ricostruzione abbastanza simile alla mia, e per un commento su come questa situazione abbia tenuto i letterati tradizionali nell'ignoranza di ciò che è definito "one of the most remarkable achievements" (uno dei raggiungimenti più notevoli) della prima fase della rivoluzione digitale, ossia lo sviluppo di sistemi di marcatura in grado di descrivere la struttura logica di ogni documento digitale, si legga: J. McGann, Radiant Textuality: Literature after the World Wide Web, New York, Palgrave, 2001, in particolare l'Introduzione, pp. 1-19.

14 H. Blumenberg, La leggibilità del mondo. Il libro come metafora della natura, a cura di R. Bodei, Bologna, Il Mulino, 1984, in particolare pp. 113, 117, 168; un'esposizione della teoria dei tre mondi si trova in K.R. Popper, Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, Introduzione di A. Rossi, Roma , Armando, 1983, pp. 209-255. La citazione da Popper è a p. 216.

15 In questa direzione, anche se con campi di applicazione molto diversi, si vedano B. Stock, La voce del testo. Sull'uso del passato, Roma, Jouvence, 1995; R. Finnegan, La fine di Gutenberg. Studi sulla tecnologia della comunicazione, Firenze, Sansoni, 1990. Tra gli studiosi che hanno messo in evidenza la dialettica variabile tra parola e scrittura nell'età moderna sono anche da ricordare, oltre a Foucault, Bachtin e Ricoeur.

16 Per una critica delle teorie della dematerializzazione e sul rapporto tra "forme simboliche" e loro efficacia pragmatica e produttiva rimane fondamentale T. Maldonado, Reale e virtuale, Milano, Feltrinelli, 1998, in particolare pp. 9-78.

17 Esemplari a questo proposito le raccolte asimoviane di racconti sui robot (I. Asimov, I, Robot, New York, Gnome Press, 1950 e Id., The Rest of the Robots, Doubleday, New York, Garden City, 1964) e i suoi due romanzi The Naked Sun (Doubleday, New York, Garden City, 1957) e The Caves of Steel (Doubleday, New York, Garden City, 1954). Le famose "Tre leggi" non sono operative dai primi racconti, ma si fanno strada dal quinto racconto in poi come esigenza interna, regolatrice.

18 Serie televisiva di Gene Roddenberr, che ebbe molto successo negli USA alla fine delgli anni Sessanta.

19 Star Wars, regia di George Lucas, USA, 1977, 121 min.

20 Questa vocazione del digitale verso la simulazione dell'analogico, non sempre adeguatamente analizzata, si è manifestata in realtà assai presto, prima di ogni interfaccia grafica. Mentre tuttavia nella prima fase l'obiettivo era simulare certe facoltà e capacità umane (di cui il test di Turing, volto a verificare se una macchina può avere comportamenti linguistici percepibili come intelligenti, è il prototipo e il modello), nella seconda l'obiettivo era la costruzione di mondi, di oggetti e di simboli. Un sintomo precoce, limitato ma non meno significativo, della seconda tendenza, è rappresentato dal fenomeno delle faccine (emoticons), già in uso nelle primissime comunicazioni in rete: ossia l'uso di una combinazione di tre o quattro caratteri per simulare la mimica facciale ed esprimere understatements, emozioni, commenti. Se ne veda un repertorio in G. Massari, Smiley. Le faccine di Internet, Viterbo, Stampa Alternativa, 1995.

21 Le date di produzione di architetture innovative, nella storia dei personal computer, non corrispondono ovviamente alle date della loro diffusione di massa: per registrare un decisivo cambiamento della percezione del computer attraverso l'interfaccia grafica, dopo l'introduzione dell'interfaccia Macintosh (1984), bisogna attendere pressappoco il 1990 (diffusione di Windows 3.0) o, addirittura, per un'integrazione completa, Windows '95. Sulla storia delle interfacce Apple si può vedere J.S. Young e S. Jobs, The Journey is the Reward, New York, Scott Foresman, 1987.

22 Sh. Turkle, La vita sullo schermo, Milano, Apogeo, 1997, p. 12 e ss. L'autrice corregge uno schematismo rigido, ma sempre all'interno di una poetica della "pluralità" e della variazione postmodernista. Cfr. Ivi, p. 21 e ss.

23 L. Manovich, The Language of New Media, Cambridge, The MIT Press, 2001, p. 231. Lev Manovich si è rifatto alla distinzione saussuriana paradigma/sintagma per sottolineare una differenza d'accento tra nuovi media, governati dalla paradigmatica "logica del database", e vecchi media, narrativi e sintagmatici. In particolare ha sostenuto che nel passaggio ai nuovi media si capovolge il rapporto tra codice ed enunciazione. Nei media tradizionali era l'enunciazione (ossia la realizzazione storica di un concreto discorso), ad avere esistenza materiale, esplicita (in praesentia), mentre il codice rimaneva virtuale, implicito (in absentia). Ora, nei media digitali, il codice si materializza, mentre l'enunciazione diviene potenziale: "database (the paradigm) is given material existence, while narrative (the syntagm) is dematerialized"; Ibidem. Del tutto indipendentemente da Manovich, in un intervento a un convegno tenutosi a Edimburgo nel 1998, mi sono rifatto alla stessa distinzione saussuriana per mostrare qualcosa di completamente differente, ossia il desiderio, già espresso nel cuore della modernità, e in parte realizzato dalla testualità digitale, di integrare sullo stesso piano discorsivo, in funzione ironica e critica, regole e cose (F. Pellizzi, The Hypertext as a Critical Discourse: From Representation to "Pragmeme", in New Media and the Humanities: Research and Application, a cura di D. Fiormonte e J. Usher, Oxford, Humanities Computing Unit (Oxford University), 2001, pp. 57-67).

24 Sul catalogo si veda V. Bovolo et al., Il catalogo, o della costruzione del migliore dei mondi semiotici, in G. Ferraro (a cura di), L'emporio dei segni, Roma, Meltemi, 1998, pp. 41-76; sulla differenza tra index e thesaurus, si veda R. Betti, L'uomo e il labirinto nel mondo "artificiale", in Il sapere come rete di modelli. La conoscenza oggi, Atti del convegno internazionale di Modena, 20-23 gennaio 1981, Modena, Panini, 1981, pp. 187-201.

25 F. Pellizzi, The Hypertext as a Critical Discourse, cit., p. 61. Si veda anche F. Pellizzi, Critica, fiction, ipertesti. "Modernità" e trasformazioni della scrittura, in "Nuova Corrente", 2001, n. 127, pp. 161-184.

26 G.O. Longo, L'irragionevole efficacia della matematica e l'efficace irragionevolezza del computer, in "Nuova Civiltà delle Macchine", luglio-settembre 2000, n. 3, pp. 55-56.

27 Sull'estetica dell'immaterialità si legga, di T. Maldonado, anche l'ampia argomentazione di Corpo tecnologico e scienza, in P.L. Capucci (a cura di) Il corpo tecnologico. L'influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facoltà, Bologna, Baskerville, 1994, pp. 77-97.

28 Si veda, su certe tendenze della cybercultura contemporanea, M. Dery, Velocità di fuga. Cyberculture di fine millennio, Milano, Feltrinelli, 1997.

29 G.O. Longo, L'irragionevole efficacia della matematica e l'efficace irragionevolezza del computer, cit., p. 59. Per una conferma dell'errore di un'impostazione che si basa solo su schemi logico-formali, in riferimento alle vicende dell'intelligenza e della vita artificiali, si veda D. Parisi, Mente: i nuovi modelli della vita artificiale, Bologna, Il Mulino, 1999.

30 Si vedano le osservazioni di S.J. Gould contro il riduzionismo algoritmico di Daniel Dennett applicato all'evoluzionismo culturale: S.J. Gould, Pluralismo darwiniano, in "La Rivista dei libri", novembre 1997, n. 11, pp. 25-26.

31 P. Wegner, La programmazione orientata a oggetti, Intervista a MediaMente, 6 gennaio 1996, (17 giugno 2003). Si veda, da ultimo, P. Wegner e D. Goldin, Computation beyond Turing Machines, Comunicazione ACM, giugno 2002, (17 giugno 2003).

32 M. Castells, La nascita della società in rete , Milano, Università Bocconi Editore, 2002, pp. 379-434.


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Giugno 2003, n. 1