Danilo Breschi, Congiunzione carnale, astrale, relativa, Firenze, FirenzeLibri, 2004, pp. 71, € 6,50.
di Laura Toppan

 

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La raccolta di poesie di Danilo Breschi, Congiunzione carnale, astrale, relativa, nasce sotto il segno della creazione percepita come un mistero insondabile e costruita su due tempi: Congiunzione prima, che ha come titolo Puerpera, e Congiunzione seconda con Figlio. Il verso procede dubbioso, senza mai «sottrarsi all'abisso, anche pericoloso, della verità» - come sottolinea Roberto Carifi nella nota al libriccino - e un sentimento di separazione spinge il poeta a tentare di riunire le fila: «fosse un ponte la lingua tra capezzolo e gola / urlerei d'amore, sì da colmare le distanze» (Su due sponde); e ancora: «nella bocca cercammo ponti sospesi / che quelle lingue di odio ci rasero al suolo» (Orizzonte nero). Le origini partoriscono infanzie «oscure», così «[..] è difficile farsi fratelli, / ché un padre è poco più del destino, / e chissà di quale volere siam figli / se la notte, il giorno o l'ora più afosa» (Padre e destino). L'interrogazione è incessante sul "prima" e sul "poi", ma il poeta chiede al domatore di sogni di cucirglieli «dietro la schiena, così / che [...] sia gobbo di futuro». Pur non trovando una risposta finale, l'interlocutore continua a rivolgersi ad un generico "tu" al femminile che, come una Parca, tesse o recide destini: «tu sei il contagio, tu il rito magico / che propizia stelle e piega pianeti [...] tu sei l'accadere più incerto più atteso / non pensato se non con mani e cuore / a costruirti nell'incertezza che gonfia» (Tu sei il contagio). L'andamento dei componimenti è ossimorico: l'apparire di un elemento positivo (umano, naturale, astrale) viene smorzato dal sorgere di un opposto, come nel titolo l'oro e l'oblìo o La ballata del giglio alla forca o Al ventre impiccati. Dare la vita è dare anche la morte, ma in Breschi, alla fine, il primo termine vince sul secondo: «[...] la sua vulva c'inghiotte illudendoci / l'aggancio, come se fosse dono / possedersi nell'altro che infinitamente / muto mi resta, mentre l'identità è prossima / allo zero. Come vedi, i conti non tornano / mai, ma so ch'è nell'appello la vigilia del giorno».

 

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Giugno-dicembre 2005, n. 1-2