Eleonora Conti
Il punto su Antonio Tabucchi

 

Scheda bibliografica Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni Togli testata Salva il frame corrente senza immagini Stampa il frame corrente Apri in formato PDF


Sommario
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
Uno scrittore internazionale
Il precoce successo critico all'estero
In Italia...
Tabucchi, l'impegno, la Storia
Per una geografia della critica tabucchiana
Tabucchi al cinema



§ II. Il precoce successo critico all'estero

I. Uno scrittore internazionale

La prima impressione che si ricava, intraprendendo una rapida ricerca fra le risorse di rete, è che di Antonio Tabucchi si siano occupati, in passato, più sistematicamente gli italianisti che lavorano all'estero, piuttosto che non gli studiosi in Italia. Infatti, gli articoli segnalati dai repertori rintracciabili in internet (come «Italinemo», che però registra solo gli articoli usciti su rivista cartacea e solo a partire dal 2000) sono apparsi quasi tutti su riviste di italianistica pubblicate all'estero o facenti capo a Dipartimenti di Italiano di università straniere. Questo dato è senz'altro indice del successo internazionale dello scrittore toscano, le cui opere sono tradotte in numerosissime lingue e spesso annoverate fra i best-seller dell'anno.
Certo, contribuiscono a questo fenomeno le caratteristiche culturali della narrativa di Tabucchi, impregnata di cosmopolitismo e anche debitrice a tradizioni letterarie diverse da quella nostrana (dal fantastico francese ottocentesco a quello di lingua spagnola e inglese, dalle avanguardie portoghesi alla poesia spagnola). Tabucchi poi è autore molto corteggiato all'estero, invitato ai convegni organizzati in suo onore o a tenere conferenze e lezioni, trattato come una vera e propria star, come capita ad altri nostri autori di successo internazionale, Umberto Eco o Alessandro Baricco fra gli altri. Non sarà un caso che tutti e tre rientrino nella categoria di narratori postmoderni, genere intorno a cui è fiorita nei decenni passati un'ampia discussione prima all'estero che in Italia.
Ma questa situazione suscita anche altre considerazioni, come vedremo poi.
La seconda impressione è che le monografie italiane sull'autore siano molto recenti e si infittiscano indicativamente a partire dal 2000. Eppure Tabucchi è autore che ha riscosso molto successo già alla fine degli anni Ottanta e che è stato lanciato definitivamente nel firmamento letterario con un romanzo che ha messo d'accordo pubblico e critica, Sostiene Pereira (vincitore del Premio SuperCampiello 1994).
Attualmente, il numero di studi su Tabucchi cresce esponenzialmente di anno in anno, sia in Italia che all'estero, di modo che risulta un'impresa davvero ardua rendere conto di tutto ciò che la critica internazionale produce al riguardo. Il presente «punto» sull'autore, dunque, vorrebbe cercare di far luce sui principali filoni d'indagine percorsi fin qui dalla critica e tracciare una sorta di geografia - incompleta, non c'è dubbio - dell'interesse sorto intorno a Tabucchi. Questo intento dovrà necessariamente tener conto dei limiti legati alla conoscenza delle lingue in cui tali studi appaiono (italiano, francese, inglese saranno le lingue privilegiate perché hanno permesso a chi scrive una lettura dei saggi), ma si cercherà di dar conto di ricerche pubblicate di recente anche in altre lingue (croato, tedesco, spagnolo), per offrire un panorama più vasto ai fruitori di questo repertorio.

 

§ III. In Italia... Torna al sommario dell'articolo

II. Il precoce successo critico all'estero

Alla metà degli anni Novanta, per lo studioso che si accingesse a scrivere un articolo su Antonio Tabucchi, la bibliografia critica disponibile in Italia era ridottissima. Quando, nel maggio 1995, risultato di una ricerca svolta l'anno precedente, uscì sul numero 0 del neonato «Bollettino '900» la nota Alcuni elementi costitutivi dell'opera di Tabucchi, a cura di chi scrive (<http://www.comune.bologna.it/iperbole/boll900/tabucchi.htm>), non esistevano in Italia molti saggi in volume sull'autore. Nel gennaio di quello stesso anno era uscito il libricino Conversazione con Antonio Tabucchi. Dove va il romanzo? (a cura di P. Gaglianone e M. Cassini, Roma, editore Òmicron, «Il libro che non c'è», 1995) e poco dopo un volumetto a cura di Denise Picci, Antonio Tabucchi (s. l., s. n., 1995, Comune di Forlì). Per il resto la critica su Tabucchi era per lo più limitata alle interviste o alle recensioni su quotidiani e periodici, in occasione di nuove pubblicazioni. Proprio nel 1994, il successo di Sostiene Pereira - romanzo letto da molti come allusione al presente politico italiano - aveva scatenato un nugolo di polemiche circa l'«impegno» degli scrittori e dunque una serie di articoli contrapposti sui quotidiani di destra e di sinistra sull'opportunità o meno che uno scrittore si pronunciasse circa la politica del proprio paese. Ma al di là di questa impennata d'interesse per il romanzo e per l'indimenticabile figura del suo protagonista, mancava ancora una sistemazione critica della narrativa tabucchiana del decennio precedente, quella dei racconti e dei romanzi brevi, insomma quella del Tabucchi per lo più fantastico e postmoderno. Merita a questo punto di essere ricordato lo "sguardo" che Tiziana Arvigo getta sul panorama della prima produzione dell'autore (da Piazza d'Italia a Sostiene Pereira) in «Nuova Corrente» (Uno sguardo su Tabucchi, a. XLII, n. 115, 1995, pp. 91-112).

In questo senso, precocissimo, rispetto alla tendenza generale delle riviste accademiche italiane, è l'intervento di Flavia Ravazzoli uscito su «Autografo» già nel 1985 (Viaggi tangenziali e storie ribattute: l'insonnia narrativa di Antonio Tabucchi, 2, 1985, pp. 23-37), che mette a confronto tre libri usciti a distanza molto ravvicinata - Il gioco del rovescio (1978 e 1981), Donna di Porto Pim (1983) e Notturno indiano (1984) - per esaminarne la dialettica di pratiche «tangenziali» (più concentrate sui nodi dell'enunciazione che sulla fabula e sempre attente a dissimulare le tecniche, i segreti del narrare) e «ribattute» (che non disgiungono mai la narrazione dalla riflessione su di essa e talora portano allo scoperto i ferri del mestiere, i meccanismi stessi del narrare); la studiosa coglieva già una serie di costanti della scrittura tabucchiana di quegli anni e fissava alcuni debiti letterari importanti.
In un volumetto del 1991, risultato di una tesi poi data alle stampe, Tabucchi era incluso fra gli autori di cui si davano alcune rapide letture: Maria Pia Ammirati, Il vizio di scrivere. Letture su Busi, De Carlo, Del Giudice, Pazzi, Tabucchi e Tondelli, Catanzaro, Rubettino, 1991, pp. 101-121). L'autrice si soffermava sull'uso borgesiano dei prologhi, sul tema del viaggio, sul «personaggio-ombra», quasi evanescente, tipico di testi che hanno carattere di lettera, di confessione, e lasciano semmai maggiore spazio ai luoghi e a cronotopi significativi, come quello della finestra.
Agli inizi degli anni Novanta, poi, un paio di interventi erano apparsi su «Allegoria», in corrispondenza della pubblicazione di nuove opere tabucchiane: quello di Antonio Paghi, La parola e il suo rovescio, commento al testo (1992, n. 11, pp. 72-76), breve lettura del Sogno di François Rabelais, pubblicato sul medesimo numero di «Allegoria», e il successivo di Manuela Bertone, «Sogni di sogni». Tabucchi sognatore (1993, n. 13, pp. 157-162).
È poi del 1993 l'intervento di Giovanni Palmieri su Il "romanzo inesistente" di Antonio Tabucchi («Il Ponte», XLIX, 1, pp. 87-101) che intendeva far luce sulla tormentata genesi del progettato romanzo Lettere a Capitano Nemo, su cui Tabucchi stesso aveva costruito il racconto Storia di una storia che non c'è, ne I volatili del Beato Angelico (1987), dopo averne pubblicati alcuni nuclei provvisori in rivista alla fine degli anni Settanta. Ed esce nello stesso anno un altro saggio di Palmieri (Per una volatile leggerezza: il «lato manco» di Antonio Tabucchi), che si soffermava, tra l'altro, sull'ammiccante ambiguità dei paratesti tabucchiani, i quali, lungi dal fornire una chiave d'accesso facile ai testi a cui si accompagnano, mescolano impunemente verità e menzogna, spesso depistando il lettore o comunque costringendolo a fare i conti non solo con un narratore ambiguo, ma anche con un ambiguo estensore di Prefazioni e glosse esplicative che si firma spesso «A. T.». Il saggio compare nella sezione tabucchiana del volume curato da Nathalie Roelens e Inge Lanslots, Piccole finzioni con importanza. Valori della narrativa italiana contemporanea (Ravenna, Longo, 1993, pp. 125-136): il volume, edito in Italia, raccoglie gli Atti di un convegno internazionale svoltosi nel maggio di due anni prima presso l'Università di Anversa, con una sezione interamente dedicata a Tabucchi; lo scrittore era anche stato ospite di una tavola rotonda con l'attivo gruppo di italianisti e comparatisti belgi e olandesi, guidati in quell'occasione da Walter Geerts e André Sempoux.
Ancora sul gioco intessuto fra testi narrativi e note introduttive, glosse e premesse d'autore, che prelude a tutto un filone di studi sull'attitudine postmoderna dell'autore, si era concentrata qualche anno prima Manuela Bertone, in: Antonio Tabucchi: il gioco del peritesto, un saggio uscito sulla rivista «Gradiva. International Journal of Italian Literature» (IX, 2, 6, 1988, pp. 33-39).

Sembrano dunque già delineate, in quei primi anni Novanta, le aree di maggior interesse suscitate dall'opera tabucchiana, e non ci sembra un caso che tale interesse nasca soprattutto nel Nord Europa e nel mondo anglosassone, dove le categorie di postmoderno avevano già dato origine a una sistemazione critica fin dalla metà degli anni Ottanta, mentre in Italia stentavano ad attecchire. Alcuni temi ricorrenti attirano l'attenzione dei critici, per esempio: la particolare forma di scrittura praticata dall'autore, in cui si intrecciano potentemente narrazione e metanarrazione (Dominique Budor, Antonio Tabucchi ou la création "traversière", in Dire la création. La culture italienne entre poétique et poïétique, Lille, Presses Universitaires de Lille, 1994, pp. 219-229); il modello della narrativa d'inchiesta e del giallo come chiave di lettura del reale, per il quale già nel 1992 Walter Geerts aveva coniato la formula interpretativa del «poliziesco epistemico» (Il poliziesco epistemico. Un filone narrativo dell'ultimo ventennio: Calvino, Malerba, Pontiggia, Tabucchi, in «Italies Narrativa», 1992, n. 2, pp. 95-103), tema su cui ritornerà nel 1999 Monica Jansen, con un confronto tra Tabucchi e Sciascia, pubblicato sulla rivista olandese «Incontri» (Tabucchi, Sciascia e il giallo-verità, in «Incontri», 1, 1999, pp. 23-34; consultabile all'indirizzo: <http://webdoc.ubn.kun.nl/tijd/i/incontri/>) e, più recentemente, a partire dal romanzo Il filo dell'orizzonte (1986), sia Gabriele Vinckermann (in Storia di una congettura - congettura di una storia. Der Detektivroman als erzählte Poetik des Erzählens, «Horizonte», 2000, n. 5, pp. 107-123), che lo mette in relazione con Il nome della rosa di Eco; sia Bruno Ferraro che, con «Il filo dell'orizzonte» di Antonio Tabucchi e il giallo dell'"alterità" («Esperienze Letterarie», 2004, n. 4, pp. 97-109), si sofferma sulle «ricerche mancate» di Tabucchi, sulle sue indagini metafisiche, in cui spesso il detective va alla ricerca di sé (il discorso vale anche per Notturno indiano).
Tra gli studiosi citati, Monica Jansen, italianista olandese da sempre attenta alla produzione contemporanea, si è concentrata in numerose occasioni sull'opera di Tabucchi, in articoli in parte confluiti nel corposo volume su Il dibattito sul postmoderno in Italia. In bilico tra dialettica e ambiguità (Firenze, Franco Cesati Editore, 2002). Ricordiamo qui i principali che, oltre a discuterne l'aspetto postmoderno, ne scorrono ampiamente la produzione narrativa, sia per affrontarne questioni teoriche, sia per istituire confronti con la restante produzione italiana contemporanea: «Requiem»: Una mediazione fra "vera finzione" e "verità pratica", in S. Vanvolsem, F. Musarra, B. Van den Bossche, (a cura di), Rinnovamento del codice narrativo in Italia dal 1945 al 1992. Atti del Convegno Internazionale, Roma-Leuven, Bulzoni-Leuven University Press, 1995, pp. 421-429; What about Pereira? Can He Be Trusted? A testimony of "true fiction" in «Sostiene Pereira», in Antonio Tabucchi: A Collection of Essays, «Spunti e Ricerche», 1996-1997, n. 12, pp. 202-214; Tabucchi e l'avanguardia: un paradosso?, in «Italian Culture», 1, 1998, pp. 169-81; History as a Peripheral Event? "Marginal" Historical Novels by Three Italian Writers: Loy, Pazzi and Tabucchi, in H. Van Gorp, U. Musarra-Schroeder (a cura di), Genres as Repositories of Cultural memory, Amsterdam-Atlanta, Rodopi, 2000, pp. 151-161; Il gioco del rovescio e l'irreversibile: note su «Si sta facendo sempre più tardi» di Antonio Tabucchi, in Stanislav Widlak (a cura di), Lingua e Letteratura italiana dentro e fuori la penisola. Atti del II Convegno degli Italianisti Europei, Cracovia, 2001, pp. 133-140; Eco, Tabucchi and «Plato's Gastritis», in F. Musarra, B. Van den Bossche et alia (a cura di), Eco in Fabula. Umberto Eco in the Humanities, Leuven-Firenze, Leuven University Press-Franco Cesati Editore, 2002, pp. 277-90. Il problema aperto degli incipit e degli explicit dei racconti e romanzi tabucchiani, che ne fanno testi in fieri o tessere di un unico grande libro, è infine scandagliato dalla Jansen ne Gli «explicit» inquietanti dei racconti di Tabucchi, ovvero la nostalgia per la perfezione sferica, in A. Vannicelli, C. Maeder (a cura di), Cerchio e spirale. Approdo e avvio. L'«explicit» nella narrativa breve della fine dell'Ottocento a oggi, e-montaigne, Louvain-la-Neuve, 2002, pp. 135-151).
Presso le università e gli Istituti di cultura stranieri, dunque, già dai primi anni Novanta si organizzavano convegni su Tabucchi, con relativa pubblicazione degli Atti. Dopo le giornate di studio di Anversa del maggio 1991, ci pensano Bruno Ferraro - autore, tra l'altro, dell'edizione commentata di Sostiene Pereira (Torino, Loescher, 1995), ad uso della scuola superiore - e Nicole Prunster, dall'Australia (La Trobe University), a licenziare un numero speciale di «Spunti e Ricerche», il denso Antonio Tabucchi: A Collection of Essays (a cura di Bruno Ferraro and Nicole Prunster, 1996-1997, n. 12) con interventi di importanti studiosi e di giovani promesse della critica.
E, a dimostrazione che il Nord Europa continua a coltivare un interesse costante per Tabucchi, citiamo un volume di recente pubblicazione, opera di Pia Schwarz Lausten: L'uomo inquieto. Identità e alterità nell'opera di Antonio Tabucchi, Museum Tusculanum Press, University of Copenhagen, 2005. Qui la studiosa, nell'intento di studiare la concezione del "soggetto" in alcuni testi narrativi di Tabucchi, accosta ambito filosofico e letterario coniugando teoria del «pensiero debole», elaborata da Vattimo e Rovatti, e «dialogismo» di matrice bachtiniana.

 

§ IV. Tabucchi, l'impegno, la Storia Torna al sommario dell'articolo

III. In Italia...

Ma torniamo alla situazione italiana. Nella seconda metà degli anni Novanta, in Italia, cominciano gli interventi in volume. Giulio Ferroni in Dopo la fine (Einaudi, 1996) prende in esame il romanzo Requiem (scritto in portoghese, come è noto, dallo stesso Tabucchi - Lisbona, Quetzal Editores, 1991 - e pubblicato in italiano, l'anno successivo, nella traduzione di Sergio Vecchio, per Feltrinelli) e Remo Ceserani dedica a Tabucchi un capitoletto del suo volume sul Fantastico. Ancora nel 1997, lo stesso Ceserani commenta I pomeriggi del sabato, un suggestivo racconto di fantasmi del Gioco del rovescio, nel suo volume Raccontare il postmoderno (Torino, Bollati Boringhieri, 1997) mentre, nel nono volume de Il materiale e l'immaginario, storica e innovativa Antologia letteraria per le scuole, in collaborazione con Lidia de Federicis (Torino, Loescher, 1988, vol. IX), nell'ambito di una importante sezione sulla narrativa postmoderna, il critico aveva già dedicato attenzione a Tabucchi, rappresentato dal racconto Rebus (dai Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985), di cui dava una prima lettura introduttiva e critica già molto centrata. Anche l'antologia per la scuola La scrittura e l'interpretazione a cura di Romano Luperini (Palermo, Palumbo editore) incentra l'analisi di Tabucchi su Rebus, ma, ancora nell'edizione 2001, la bibliografia critica è ferma al Ceserani di Raccontare il postmoderno.
Filippo La Porta, poi, nel volume che raccoglie i suoi interventi militanti precedentemente usciti su riviste e inserti culturali, La nuova narrativa italiana. Travestimenti e stili di fine secolo, (Torino, Bollati Boringhieri, 19992 [1995], pp. 229-236), dedica un capitolo ad Antonio Tabucchi nella sezione sulla Menzogna del sortilegio romanzesco. La Porta osserva che, «con i due ispirati romanzi» dell'inizio degli anni Novanta (Requiem e Sostiene Pereira), l'autore comincia a mostrare i limiti della Finzione che aveva improntato numerosi racconti delle sue raccolte degli anni Ottanta. I due romanzi, pur così diversi, appaiono al critico omogenei nella loro fisionomia di «romanzi del Sud» e per il loro misurarsi prima di tutto «con una interrogazione filosofica». In questo senso, a La Porta sembra meno significativo sottolineare, da una parte, la fisionomia postmoderna di Requiem e, dall'altra, l'impostazione storica di Sostiene Pereira, perché ciò che emerge è che entrambi siano imbevuti di Letteratura e che questa sia appunto «menzogna e sortilegio», gioco e illusione, perché al di là di essa si profila l'ineludibilità di una realtà scandita da un tempo unidirezionale e da scelte individuali necessarie.
Requiem, dunque, come punto di svolta. Esso, non a caso, è uno dei romanzi intorno a cui si incentrano le principali analisi degli studiosi, additato come testo esemplare del postmoderno italiano degli anni Novanta, omaggio al Portogallo, a Pessoa, ai fantasmi che attraversano molta parte dell'opera tabucchiana e realizzazione narrativa, secondo JoAnn Cannon, della «leggerezza» propugnata da Italo Calvino come lezione per il nuovo millennio (si veda: JoAnn Cannon, «Requiem» and the Poetics of Antonio Tabucchi, in «Forum Italicum», 2001, n. 1, pp. 100-109). Anche Monica Jansen gli dedica un capitolo nel suo Il dibattito sul postmoderno in Italia (cit.).
Nel 1997, Gian Paolo Biasin, conclude il suo Le periferie della letteratura. Da Verga a Tabucchi (Ravenna, Longo, 1997) con un capitolo dedicato ai sapori e alla cucina in letteratura e, partendo dal Calvino di Palomar e Sotto il sole giaguaro, approda, in coda al capitolo, alla cena al ristorante postmoderno narrata in Requiem. (Sul tema del cibo, si veda anche il più recente studio di Luigi Surdich, Il «porto secco» di Pereira e altri vini nella narrativa di Antonio Tabucchi, «Nuova Corrente», XLVIII, 2001, pp. 287-314).
Nel 1998, esce sia il volume a cura di Anna Dolfi e Maria Carla Papini, Scrittori a confronto (Roma, Bulzoni) che si occupa anche del Nostro con l'incontro-intervista Antonio Tabucchi. Come nasce una storia (pp. 181-201); sia il denso articolo di Angela Guidotti Aspetti del fantastico nella narrativa di Antonio Tabucchi, in «Studi novecenteschi», XXV, dicembre 1998, n. 56, pp. 351-365.
A conferma che il 2000 è l'anno in cui anche nel nostro paese cominciano ad apparire le prime monografie, va ricordato il volume di Claudio Pezzin Antonio Tabucchi (Sommacampagna, Cierre, 2000), che passa rapidamente in rassegna le varie tappe della produzione narrativa dell'autore, disegnandone un'agile mappatura.
Nel 2001, poi, l'Associazione per la Prosa di Pordenone consacra proprio ad Antonio Tabucchi il tradizionale incontro annuale Dedica. Il volume che ne raccoglie gli interventi (a cura di Claudio Cattaruzza, Pordenone, Associazione Provinciale per la Prosa, 2001) contiene, oltre ad omaggi e ricordi, alcuni densi studi: tra gli altri, quelli di Remo Bodei, Giochi proibiti. "Le vite parallele" di Antonio Tabucchi; Remo Ceserani, «Il filo dell'orizzonte»: è Luino o Duino il luogo dove andare? (un'indagine affascinante che dimostra quanta attenzione uno scrittore ammiccante come Tabucchi imponga al critico che intenda decifrarne i debiti letterari, disseminando tracce a volte incongrue tra le sue pagine); Bruno Ferraro, Antonio Tabucchi: il fascino della finzione e la fantasia della narrativa; e un'intervista di Carlos Gumpert all'autore, La letteratura come enigma ed inquietudine, un estratto della quale è presente, col titolo di Muse assenti muse presenti, sul sito di Dedica (leggibile su: <http://www.dedicafestival.it/Dedica01/monografia.html#>).

 

§ V. Per una geografia della critica tabucchiana Torna al sommario dell'articolo

IV. Tabucchi, l'impegno, la Storia

Esiste, come è noto, tutta una sezione della produzione tabucchiana sull'"impegno". Egli stesso ha raccolto i propri interventi critici in volume. Mi riferisco a La gastrite di Platone - sul processo Sofri - (Palermo, Sellerio, 1998; ma pubblicata l'anno prima in francese, La gastrite de Platon, Paris, Mille et une nuit, 1997), al pamphlet Gli zingari e il Rinascimento. Vivere da Rom a Firenze (Milano, Feltrinelli, 1999) e al recentissimo L'oca al passo. Notizie dal buio che stiamo attraversando (Milano, Feltrinelli, 2006). Ma già in rivista, era apparso anche un intervento-intervista a cura di Paolo Di Stefano («Micromega», 2, 1996, pp. 121-125) dal titolo Catullo e il cardellino, che intendeva chiarire il punto di vista dello scrittore sull'"impegno" e sulle implicazioni «morali» - come ci tiene a ribadire - più che politiche della sua narrativa. Accanto a questa produzione primaria, è fiorito un settore di studi in proposito. Si segnalano almeno il saggio di Flavia Brizio (che dedicherà all'argomento una consistente parte del volume di cui parleremo fra poco), Antonio Tabucchi e il ruolo dell'intellettuale (in «Incontri», 16, 2001, nn. 3-4, pp. 180-194; <http://webdoc.ubn.kun.nl/tijd/i/incontri/>); l'intervento di Judith Obert in Florence selon Tabucchi: un humanisme dégradé (in «Italies», 2002, n. 6/1, pp. 351-364); e l'articolo di Stefano Lazzarin, Tabucchi fingitore e polemista, che si sofferma sul particolare innesto, nella tecnica del Tabucchi polemista, della lezione pessoana del poeta-fingitore che gli permette di andare al cuore della realtà attraverso il «gioco del rovescio», coniugando così mirabilmente, senza alcuna contraddizione, passione civile e amore per il fantastico (il contributo appare in «Chroniques Italiennes», 2007, n. 1 [= Série Web, n. 11], numéro spécial Concours 2006-2007, p. 1-17; leggibile all'indirizzo web: <http://chroniquesitaliennes.univ-paris3.fr/numeros/Web11.html>).

Tra i più recenti e corposi volumi dedicati all'autore, spicca Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipelago narrativo (Cosenza, Pellegrini, 2002) di Flavia Brizio-Skov, studiosa italiana trapiantata negli Stati Uniti. Basandosi su un'impostazione critica poststrutturalista, l'autrice analizza la produzione narrativa e critica di Tabucchi e in particolare si concentra sul rapporto fra Storia e scrittura e sul ruolo di intellettuale che lo scrittore si ascrive e che esercita sia quando si applica al romanzo a sfondo storico (da Piazza d'Italia a Sostiene Pereira) o di denuncia dell'ingiustizia contemporanea (La testa perduta di Damasceno Monteiro), sia quando interviene con saggi e articoli a commentare questioni legate alla società (valga per tutti Gli zingari e il Rinascimento).
In particolare mancava uno studio d'insieme sul trattamento della macro e microstoria nella narrativa tabucchiana, un elemento determinante e originale, se si pensa che una parte consistente della produzione degli anni Ottanta è costituita dal racconto fantastico o da una narrativa che costeggia il fantastico. In tal senso però, proprio quando arriva a uno degli aspetti più originali della produzione tabucchiana, ossia alla questione di come venga trattata la Storia attraverso lo strumento del fantastico in raccolte come L'Angelo nero, tra le più oniriche e cupe, la Brizio-Skov non si addentra nello specifico, lasciando aperta una prospettiva d'indagine che a mio avviso potrebbe dare buoni frutti, specie se messa in rapporto con altri autori a vocazione fantastica.
Proprio su questo aspetto invita all'approfondimento Ferdinando Amigoni che, nel suo capitolo dedicato a Tabucchi, Un buon viatico, in Fantasmi nel Novecento (Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 124-153), suggerisce un fruttuoso accostamento fra Tabucchi e l'argentino Julio Cortázar. Anche Remo Ceserani, nel suo già citato Raccontare il postmoderno non manca di accostare Tabucchi a Cortázar. Per uno sviluppo recente sull'argomento mi permetto di rinviare a Eleonora Conti, L'irruzione violenta della Storia nel racconto fantastico. Tabucchi e Cortázar, intervento presentato al XVII Convegno AIPI (Tempo e memoria nella lingua e nella letteratura italiana, Ascoli Piceno, 22-26 agosto 2006), la cui pubblicazione è prevista negli Atti del Convegno (a cura di B. Van den Bossche, Firenze, Franco Cesati Editore) e, in versione più lunga, prossimamente, su «Incontri», 2008/2.
Un breve saggio di Charles Klopp esplora rapidamente il tema del male nella Storia: si tratta di La violenza collettiva e il senso del male nella narrativa di Antonio Tabucchi (in Alain Sarrabayrouse (a cura di), Images littéraires de la société contemporaine. Actes du Colloque Guerre et violence dans la littérature italienne contemporaine, Université Stendhal-Grenoble 3, 21-22 novembre 2003; «Cahiers d'études italiennes. Novecento ... e dintorni», 2005, n. 3, pp. 115-124). Lo studioso, prendendo in esame due gruppi di racconti - gli uni ispirati al trauma della seconda guerra mondiale vissuto dai figli dei protagonisti, gli altri a quello del terrorismo degli anni Settanta -, parla della narrativa tabucchiana come «forma di rimpianto». Rifacendosi alle teorie filosofiche di Vladimir Jankélevitch, a cui spesso fa riferimento Tabucchi, Klopp conclude che forse questi racconti intendono trasformare creativamente la «mauvaise conscience» collettiva, partendo dal rimorso inevitabile per ciò che è stato e deducendo dall'intensità di esso «che le cose sarebbero potute andare diversamente e meglio, trasformando così la nostra cattiva coscienza in coscienza responsabile» (pp. 122-123). Infine, un'intera sezione del recente Echi di Tabucchi/Échos de Tabucchi (numero speciale di «Italies», 2007, di cui si dà l'indice più avanti) è dedicato ai problemi dell'engagement in Tabucchi.

 

§ VI. Tabucchi al cinema Torna al sommario dell'articolo

V. Per una geografia della critica tabucchiana

Il volume della Brizio-Skov ha poi il merito di presentare una bibliografia ragionata molto documentata (ma limitata alla sola produzione cartacea) sulla produzione critica intorno a Tabucchi, aggiornata al 2002: scorrendola, non può che rafforzarsi la convinzione che Tabucchi susciti una ricezione davvero internazionale, perché i contributi provengono da dipartimenti universitari o centri di cultura italiana dislocati dal Portogallo agli Stati Uniti, dalla Francia alla Gran Bretagna, dalla Germania ai Paesi Bassi all'Argentina al Sud Africa.
A integrazione di quello spoglio, vorrei dare qualche ragguaglio sulla produzione critica in volume e su rivista apparsa successivamente ad esso, ossia tra il 2003 e il 2006, con integrazioni relative a periodici non presi in esame dalla studiosa o particolarmente significativi, per tracciare una mappa anche geografica dell'interesse degli italianisti e dei comparatisti per Tabucchi.

In particolare, per l'Italia, va segnalato l'importante volume di Nives Trentini, Una scrittura in partita doppia: Tabucchi tra romanzo e racconto (Roma, Bulzoni, 2003) e il successivo contributo «Il visibile senza cornice è sempre un'altra cosa». La fotografia nelle storie di Tabucchi, incluso nel volume a cura di Anna Dolfi, Letteratura & Fotografia, Roma, Bulzoni, 2005-2006, vol. II, pp. 201-237.
Il volume della Trentini torna su Requiem come romanzo-cardine, «apice formale e contenutistico» della produzione tabucchiana, caratterizzata, quest'ultima, da una oscillazione, che non diventa mai preferenza, fra forme brevi e lunghe (racconti e romanzi si alternano continuamente). Fino a Requiem, l'oscillare fra racconto e romanzo si collega alle esigenze narrative dell'autore: la misura breve corrisponde all'intensa ricerca di nuove istanze, quella lunga a momenti di «stasi riflessiv[a]». Da Requiem in poi, in Sostiene Pereira e La testa perduta di Damasceno Monteiro (1997) la tematica del sogno perde importanza a favore di quella del «risveglio» (risveglio etico, di coscienza, di due giornalisti, Pereira e Firmino), mostrando, come aveva osservato La Porta, i limiti della Finzione. Si sta facendo sempre più tardi (2001), infine, mescolando brevità (lettere) e lunghezza (romanzo), proprio per il genere letterario cui appartiene, annuncia una nuova gestione formale e poetica del testo, una struttura ibrida. Negli altri capitoli del suo saggio, la studiosa prosegue l'analisi di romanzi e racconti, soffermandosi sulla dialettica di alcuni campi semantici costanti della narrativa di Tabucchi: la fotografia, le voci, il sogno.

Anche Anna Dolfi a più riprese si è occupata di Tabucchi. Oltre ad aver introdotto e commentato l'edizione di Notturno indiano riproposta dall'editrice SEI di Torino, nel 1996, e oltre ad alcuni saggi pubblicati su riviste francesi (di cui si darà conto più avanti in questa rassegna), proprio di recente ha dato alle stampe il volume Tabucchi, la specularità, il rimorso (Roma, Bulzoni, 2006) che include anche i due precedenti saggi: Il puzzle del rimorso. «Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa» di Antonio Tabucchi (in Francesco Bruni (a cura di), «Leggiadre donne». Novella e racconto breve in Italia, Venezia, Marsilio, 2000, pp. 261-278) e Tabucchi, l'«angelo nero» e gli animali inquietanti (in Enza Biagini e Anna Nozzoli (a cura di), Bestiari del Novecento, Roma, Bulzoni, 2001, pp. 305-32). Ma già in precedenza la studiosa si era soffermata su Tabucchi e il viaggio: illusione e specularità. Riflessioni in margine a Notturno indiano (in «Italies», n. 1, pp. 161-182). Interessante in particolare l'analisi del «bestiario» tabucchiano (estremamente vario soprattutto nei racconti de L'angelo nero, a delineare un universo inquieto e disturbato), che pone l'autore nel solco di alcuni grandi narratori novecenteschi del fantastico (da Buzzati a Cortázar) e di Montale, la cui presenza è particolarmente viva nella raccolta, fin dall'omaggio racchiuso nel titolo.

Una breve riflessione sull'ultimo romanzo di Tabucchi, Tristano muore (2004), per la penna di Alberto Cadioli, dal titolo Tabucchi e il moribondo, appare in Tirature 2005 (Milano, Il Saggiatore, pp. 60-63). Uno dei primi interventi dedicati all'ultima fatica narrativa dell'autore che, con gli ultimi due romanzi, sembra aver imboccato una direzione narrativa nuova.
Per restare al 2005, una sorta di introduzione ai principali temi costitutivi dell'opera di Tabucchi e una riflessione sull'internazionalità dell'opera dell'autore, a cura di chi scrive, è apparsa on line sul numero monografico di «Bollettino '900» dedicata alle forme brevi del racconto (sviluppo e aggiornamento della nota del 1995): Eleonora Conti, Memoria e menzogna: la narrativa anni Ottanta di Antonio Tabucchi, in «Bollettino '900», 2005, n. 1-2: <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2005-i/Conti2.html>, mentre è previsto per il 2008, su «Moderna» un bilancio critico sul Fantastico italiano che includerà anche un repertorio bibliografico ragionato sulla questione del Fantastico in Tabucchi.

Quanto alla geografia della critica tabucchiana, numerosi sono i saggi apparsi fin dal 1991 sugli «Annali d'Italianistica» dell'Università del North Carolina: Jonathan Smith (già autore di Tabucchi Echoes Lacan: Making the End of "Postmodernism" from the Beginning, «Annali d'Italianistica», 2000, n. 18, pp. 77-108) torna su Tabucchi nel 2003 con Psycoanalysis, Deconstruction, Hodoeporics: Tabucchi («Annali d'Italianistica», 2003, n. 21, pp. 197-222), in cui prende in esame alcuni scritti che hanno per tema il viaggio, per rintracciarvi elementi psicoanalitici relativi all'identità personale e nazionale. Ancora Angela M. Jeannet, con A matter of injustice: Violence and Death in Antonio Tabucchi (2001, n. 19, pp. 153-169) esamina le modalità con cui Tabucchi affronta uno dei temi ricorrenti nella sua narrativa, quello degli oppressi in cerca di giustizia e riscatto; nello stesso fascicolo della rivista (pp. 93-102) anche Charles Klopp include Tabucchi nella sua rassegna sul rapporto fra gli scrittori del secondo Novecento e la spiritualità, in The return of the Spiritual, with a note on the Fiction of Bufalino, Tabucchi and Celati.

Anche sulla rivista «Cuadernos de filologia italiana», prodotta dal Dipartimento di Filologia Italiana dell'Università Complutense di Madrid, appaiono alcuni saggi: Mirella Marotta Peramos, Rapidità e indugio: analisi della struttura temporale di «Notturno indiano» di Antonio Tabucchi (2000, n. 7, pp. 875-892); Gabriele Bizzarri, La comunicazione epistolare come metafora della scrittura in un romanzo di Carmen Martín Gaite ed uno di Antonio Tabucchi (2002, n. 9, pp. 165-189), incentrato sul confronto fra Nubosidad variable della Gaité e Si sta facendo sempre più tardi del Nostro, concludendo che rappresentano due manifesti estetici opposti circa il romanzo contemporaneo, grazie a interpretazioni completamente diverse del genere epistolare.
Il fecondo rapporto di Tabucchi con la letteratura spagnola riemerge anche in un saggio di Carlos Gumpert Melgosa, pubblicato nel volume miscellaneo Antonio Tabucchi: geografia de um escritor inquieto (a cura di M. J. de Lancastre, Lisbona, Fondaçâo Calouste Gulbenkian, 2001; che raccoglie gli Atti del Convegno svoltosi a Lisbona dal 13 al 17 aprile 1999). A Carlos Gumpert poi Tabucchi ha rilasciato negli anni lunghe interviste, raccolte in Conversaciones con Antonio Tabucchi (Barcelona, Anagrama, 1995). Il volume ha avuto nel 2001 una traduzione francese: Antonio Tabucchi, L'atelier de l'écrivain. Conversations avec Carlos Gumpert, traduit de l'espagnol par M. J. Wagner, Genouilleux, Éd. La passe du vent.

Quanto al Regno Unito, fin dai primi anni Novanta, si è dedicata allo studio di Tabucchi Anna Laura Lepschy con: Filling the Gaps: Dreams in the Narrative Fiction of Antonio Tabucchi, in «Romance Studies», 1991, n. 18, pp. 55-64 (lucido studio sulle diverse tipologie, funzioni e modalità narrative dei sogni presenti nell'opera dell'autore); Antonio Tabucchi: Splinters of Existence, in Zygmunt Baranski and Lino Pertile (a cura di), The New Italian Novel, Edinburgh, Edinburgh University Press, 1993, pp. 200-18; e The Role of Memory in Antonio Tabucchi's «Piccoli equivoci senza importanza», in Bruno Ferraro and Nicole Prunster (a cura di), Antonio Tabucchi: A Collection of Essays, («Spunti e Ricerche», 12, 1996-1997, pp. 61-69).
Allieva di Anna Laura Lepschy in Gran Bretagna, anche Michela Meschini ha dedicato a Tabucchi alcuni saggi, concentrandosi in particolare sull'importanza dell'immagine e della pittura nella narrativa dell'autore toscano. Tra i suoi contributi: Tra storia e finzione: il gioco del tempo nella narrativa di Antonio Tabucchi, in «Quaderni d'Italianistica», 1998, n. 19, pp. 71-91; Notes Towards an Analysis of the "Fantastic" in Tabucchi's Fiction, in «Forum Italicum», 1999, n. 33, pp. 353-62; Un'allucinazione gastronomica: i banchetti impossibili ed inquieti di Antonio Tabucchi, in B. Van den Bossche, M. Bastiaensen, C. Salvadori Lonergan (a cura di), Soavi sapori della cultura italiana, Atti del XIII Congresso dell'A.I.P.I., Verona-Soave 27-29 agosto 1998, Firenze, Franco Cesati Editore, 2000, pp. 397-403; Rewriting Las Meninas: Imagery and Textuality in Antonio Tabucchi's «Il gioco del rovescio», in L. Boldt-Irons, C. Federici, E. Virgulti (a cura di), Images and Imagery: Frames, Borders and Limits - Interdisciplinary Perspectives, New York, Peter Lang, 2005, pp. 213-224. Lucido e denso anche il saggio in italiano incluso in Echi di Tabucchi/Échos de Tabucchi (L'immagine narrata: Tabucchi e la "tentazione" della pittura, 2007, cit., pp. 383-402), che torna sia su Las Meninas sia su Le tentazioni di Sant'Antonio per dimostrare come rappresentino due paradigmi su cui si modellerà l'universo narrativo di Tabucchi, ossia il rapporto realtà/finzione e il tema dell'inquietudine. In corso di stampa il suo ultimo lavoro: Immagini, sogni e visioni: interferenze cinematografiche nella narrativa di Antonio Tabucchi, in A. Marini e J. Špička (a cura di), Dalla letteratura al film (e ritorno), «Quaderni della Facoltà Umanistica», Palackiana University Press, 2006, pp. 201-208.
Per restare nel Regno Unito, Marina Spunta, ricercatrice a Leicester e le cui ricerche si concentrano sull'oralità nella narrativa italiana contemporanea, si è dedicata a Tabucchi in alcuni saggi, tra cui ricordiamo: «Dialoghi mancati»: uses of silence, reticence and ellipsis in the fiction of Antonio Tabucchi («Quaderni d'Italianistica», XIX, 2, 1998, pp. 101-13) e Voci senza corpo. Postmoderno e oralità in Tabucchi, Magris, Duranti, De Luca, in Laura Rorato e Simona Storchi (a cura di), Da Calvino agli ipertesti. Prospettive della postmodernità nella letteratura italiana, Firenze, Franco Cesati Editore, 2002, pp. 117-126. Nello stesso volume, che raccoglie gli Atti di un convegno londinese svoltosi il 27-28 ottobre 2000, compare anche un contributo di Simona Storchi, su «Sogni di sogni» di Antonio Tabucchi: strategie della metanarrazione tra tradizione e postmoderno (pp. 157-168).

Anche presso gli italianisti croati, il cui contributo sta crescendo negli ultimi anni, l'opera di Tabucchi ha trovato fertile terreno di studi; tra essi, da Zagabria, Tatjana Perusko, studiosa del fantastico, ha dedicato a Tabucchi alcuni saggi in croato e in italiano: in croato Slika u priči. Nostalgična intertekstualnost u prozi Antonia Tabucchia (L'immagine nel racconto. L'intertestualità nostalgica nella narrativa di Antonio Tabucchi), in «Quorum», Zagreb, 1994, n. 2, pp. 53-58 e il capitolo Tabucchijev obrnuti mise en abyme (La mise en abyme a rovescio di Antonio Tabucchi), contenuto nel volume della stessa autrice Roman u zrcalu. Suvremena talijanska proza između samosvijesti i pripovijesti (Romanzo allo specchio. La narrativa italiana contemporanea tra autoriflessione e narrazione), Zagreb, editore Naklada MD, 2000, pp. 339-354.
In corso di stampa, questa volta in lingua italiana, il saggio Rovescio o doppio? Metafore epistemologiche e giochi di prospettiva nel «Notturno indiano», risultato di un intervento presentato al convegno internazionale Il doppio nella lingua e nella letteratura italiana (Dubrovnik, 8-11 settembre 2004, Atti in corso di stampa).

Segnaliamo anche, dalla Polonia, il contributo di Anna Osmólska-Mętrak, L'attrezzeria di Tabucchi, in E. Ronaky, B. Tombi (a cura di), Come interpretare il Novecento. Una memoria per il futuro. ImagoMundi, Pecs, 2001, pp. 104-109.

Dalla Germania arriva poi un volume che include anche Tabucchi fra gli autori di cui si analizza l'«estetica della simulazione»: Cornelia Klettke, Simulakrum Schrift. Untersuchungen zu einer Ästhetik der Simulation bei Valéry, Pessoa, Borges, Klossowski, Tabucchi, Del Giudice, De Carlo, München, Ed. Fink, 2001.
In ambito francese, si sono occupate dell'Autore sia la rivista «Narrativa» (prodotta dal Dipartimento di Paris X - Nanterre), sia, a più riprese, «Chroniques italiennes» (del Dipartimento di Paris III - Sorbonne Nouvelle), così come «Italies» (che fa capo all'Université de Provence di Aix-en-Provence), e «Novecento» (Université Stendhal-Grenoble 3).
Nella prima, segnaliamo il saggio di Maurice Actis-Grosso, Memoria, distanza e durata in «Si sta facendo sempre più tardi» di Antonio Tabucchi («Narrativa», a. 2001, nn. 20-21, pp. 197-205); nella seconda, l'articolo di Stefano Lazzarin Materiali su Tabucchi e il fantastico («Chroniques Italiennes», LXXI, 2002, n. 4, pp. 1-15; [=Série web, n. 2]: <http://chroniquesitaliennes.univ-paris3.fr/numeros/Web2.html>), che opera una ricognizione dei topoi presenti presso l'autore (il doppio, il treno come sede di apparizioni, il vestito che si rianima, il sogno-insonnia) e dei procedimenti narrativi tipici, cercando di definirne la particolare fisionomia di Tabucchi in quanto scrittore fantastico; e quello di Carina Meyer-Boschi, Polyvalence des motifs civilisationnels dans les récits d'Antonio Tabucchi: indice, fonction, thème («Chroniques Italiennes», 2003, nn. 2-3, pp. 223-235). Anche un'intera sezione del già ricordato numero 1 del 2007 ([= Série Web, n. 11], numéro spécial Concours 2006-2007; leggibile all'indirizzo web: <http://chroniquesitaliennes.univ-paris3.fr/numeros/Web11.html>), è dedicata a Tabucchi. Oltre all'intervento di Lazzarin già ricordato sopra, esso contiene i saggi di Anna Dolfi, "Le temps pressé" et "le vouloir écrire" de Tristano (sull'ultimo romanzo tabucchiano, Tristano muore); Denis Ferrari, Tabucchi et la "vie intérieure" e Carina Boschi, Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell'eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi, che analizza le intricate relazioni tra "personaggio" e "autore", da Piazza d'Italia (1975) a Tristano muore (2004), mettendo in evidenza come in Tabucchi i protagonisti, spesso «figur[e] debol[i], imprecis[e] e contraddittori[e]», riflettano un'evoluzione che va dalla destrutturazione identitaria degli esordi all'affermazione dell'eroismo come tema.
Quanto a «Italies», oltre ai già ricordati saggi di Walter Geerts, Judith Obert e Anna Dolfi, daremo conto fra poco di un numero speciale tutto dedicato a Tabucchi.
Infine, sulla rivista «Novecento» - oltre all'articolo di Charles Klopp, già analizzato -, si legge un altro contributo di Lazzarin, incentrato sul suggestivo racconto Any where out of the world (dai Piccoli equivoci senza importanza), di cui si analizza l'originale innesto di un Baudelaire à Lisbonne (in «Novecento. Culture Italienne Contemporaine», Cahiers du CERCIC, 2002, n. 24, pp. 107-127).

Chiudiamo la rassegna internazionale con la Francia perché in un certo senso questo ci permette un'apertura e un pronostico per il futuro. Il 2007 infatti sta rappresentando un anno-cardine per la ricezione e lo studio di Tabucchi in Francia, dato che egli è nel novero degli autori in programma per il concorso dell'Agrégation per l'anno corrente e il prossimo, e ogni Dipartimento di Italiano del paese ha in programma giornate di studio e lezioni. Se ne desume che le principali riviste francesi di letteratura italiana gli dedicheranno almeno una sezione o un numero monografico e che i Dipartimenti raccoglieranno in volume gli interventi delle giornate di studio dedicate all'autore, come hanno già cominciato abbondantemente a fare.
A questo proposito, segnaliamo due recenti volumi. Il primo, Antonio Tabucchi narratore, raccoglie gli Atti della giornata di studi organizzata dal Dipartimento dell'Université Paris X-Nanterre, il 17 novembre 2006, presso l'Institut Culturel Italien di Parigi, a cura di Silvia Hak Contarini e Paolo Grossi. Il volume, uscito nella collana dei «Quaderni dell'Hôtel de Galliffet», contiene i seguenti saggi: Anna Dolfi, La scrittura e gli oggetti della «Saudade» (pp. 11-24); Agnès Morini, Les trains d'Antonio Tabucchi (pp. 25-42); Giorgio Bertone, Antonio Tabucchi: il viaggio, il tempo. Ipotesi costruttive (pp. 43-68); Denis Ferraris, Tabucchi et les réalités du rêve; (pp. 69-88); Pérette-Cécile Buffaria, «Sogni di sogni»: de l'écriture de la fantasmagorie à la racine carré des phantasmes (pp. 89-98); Michelle Nota, «Donna di Porto Pim», une géographie du rêve (pp. 99-114); Marco Dell'Oro, La mia vita altrove. La casa, la patria, la lingua italiana. Intervista a Antonio Tabucchi (pp. 115-122); e un intervento di Antonio Tabucchi, Bucarest non è cambiata per niente (pp. 123-134).
Il secondo è un numero speciale di «Italies» che raccoglie gli Atti del Colloque organizzato dall'Université de Provence il 12-13 gennaio scorsi, Echi di Tabucchi/Échos de Tabucchi. Questo è l'indice degli interventi presenti nel volume, curato da Perle Abbrugiati: Perle Abbrugiati, Éloge d'Antonio Tabucchi; Antonio Tabucchi, Éloge de la littérature; Anna Dolfi, Lo «spleen» di Parigi e il senso di colpa; Raymond Abbrugiati, La musique du malentendu; Antonio Prete, I lampi della lontananza. Sui racconti di Tabucchi; Bérengère Salemi, Les contours de l'inaccompli dans l'œuvre de Tabucchi; Denis Ferraris, Les vérités de la mémoire et de l'écriture chez Tabucchi; Perle Abbrugiati, Le déjà-plus et l'à-jamais: la lettre tabucchienne; Alessandro Iovinelli, I dialoghi manca(n)ti di Antonio Tabucchi; Walter Geerts, Pessoa de loin et de près; Yannick Gouchan, La figure de l'écrivain dans les œuvres de Tabucchi; Judith Obert, L'obscure voix des anges. La figure du mal dans «L'Angelo nero»; Estelle Ceccarini, Des femmes tabucchiennes entre l'intime et le politique; Claudio Milanesi, Storia e controstoria da «Piazza d'Italia» a «L'oca al passo»; Monica Jansen, L'attraente repulsione dei totalitarismi; Carmela Lettieri, L'éclaireur aux allumettes; Thea Rimini, La cine(biblico)teca di Tabucchi. Il montaggio di «Piazza d'Italia»; Carina Boschi, Fruizione tematica e funzioni poetiche del cinema in Tabucchi; Thomas Auguste, Les photographies de Tabucchi, baisers figés de l'écriture; Michela Meschini, L'immagine narrata. Tabucchi e la "tentazione" della pittura; Perle Abbrugiati, Bilan scientifique du colloque; Antonio Tabucchi, Portrait d'un écrivain en miroir.
Un terzo volume è attualmente in preparazione, quello relativo alla Journée d'Études, svoltasi il 23 gennaio 2007 presso l'Université Jean Monnet di Saint-Étienne, che conterrà quattro interventi: Agnès Morini, Texte absent chez Tabucchi; Eleonora Conti, Tra finzione e realtà: il Tabucchi fantastico e postmoderno degli anni Ottanta; Stefano Lazzarin, Antonio Tabucchi, la «grande» letteratura italiana e Primo Levi; Pierluigi Pellini, Nostalgia di pentimento e mitografia dell'eroe borghese. Per una lettura di «Sostiene Pereira».

 

Vai alla fine dell'articolo Torna al sommario dell'articolo

VI. Tabucchi al cinema

La narrativa di Tabucchi ha ispirato anche altre forme d'arte e di spettacolo. Dalle sue opere sono stati tratti film per il cinema, riduzioni teatrali, spettacoli musicali e di danza, presentati a numerose rassegne internazionali.
Per quanto riguarda il cinema, scorrendo la produzione ispirata ai suoi romanzi e racconti, si rafforza l'impressione, cui si accennava in apertura di rassegna, di un successo più precoce all'estero che in patria. Non si può non constatare infatti che il cinema nostrano sembri essersi accorto abbastanza tardi della possibilità di suggestione scenica dei testi tabucchiani: ci prova dapprima un regista giovane, Massimo Guglielmi, con un racconto molto rappresentativo della modalità di narrazione tabucchiana, Rebus, nel 1988; ma, nonostante la sceneggiatura scritta insieme a Sergio Vecchio e allo stesso Tabucchi e un cast significativo (Fabrizio Bentivoglio, Charlotte Rampling, Massimo Girotti), il film passa inosservato. L'anno successivo invece, il regista francese Alain Corneau, non nuovo alle trasposizioni cinematografiche di opere letterarie, porta sullo schermo il romanzo Notturno indiano (1984), interpretato da un attore molto in voga negli anni Ottanta, Jean-Hugues Anglades e con ben altro risultato; mentre solo a metà anni Novanta (1996), e sulla scia appunto del successo del romanzo storico Sostiene Pereira, Roberto Faenza schiera un cast di prim'ordine (Marcello Mastroianni in una delle sue ultime interpretazioni, il francese Daniel Auteuil, il giovane Stefano Dionisi) proprio per portare sullo schermo la storia del vecchio giornalista Pereira. Non sarà un caso che si tratti di un romanzo storico; lontano, in fondo, dalla modalità del fantastico, che costituisce invece la cifra più caratteristica dei racconti e dei brevi romanzi tabucchiani del decennio 1981-1992. Il fantastico continua a essere considerato in Italia un genere minore? Tabucchi è autore che piace troppo al pubblico per mettere d'accordo anche la critica? In ogni caso, il film di Faenza è un film onesto e ottiene un buon successo, anche se non riesce ad avere una fisionomia indipendente dal romanzo e ad aggiungere ad esso qualcosa (se si esclude l'ottima interpretazione di Mastroianni). Se ne è occupata fra gli altri Francesca Sanzo, proprio sulle pagine del «Bollettino» in L'identità dell'intellettuale tra cinema e letteratura: «Sostiene Pereira», in «Bollettino '900», dicembre 2001, n. 2 (<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2001-ii/W-bol/Sanzo/Sanzo_frame.html>) .
Altri testi tabucchiani sono diventati film grazie a registi europei, ma, eccettuato il lavoro di Corneau, non sono mai approdati sugli schermi italiani. In ordine cronologico, si tratta di: O Fio do Horizonte (dal romanzo Il filo dell'orizzonte, Feltrinelli, 1986), del portoghese Fernando Lopes, film in lingua portoghese, del 1993, risultato di una coproduzione europea Francia, Spagna, Germania, interpretato fra gli altri da Claude Brasseur e Andréa Ferréol; Requiem (1998) (dall'omonimo romanzo del 1992, edito da Feltrinelli), opera in lingua francese del regista svizzero di fama internazionale Alain Tanner; e, più recentemente, Dama de Porto Pim (2001), film spagnolo tratto da un racconto di Donna di Porto Pim (Sellerio, 1983), forse la raccolta più sognante e sospesa dell'autore toscano, ad opera dello spagnolo Toni Salgot, che ha ottenuto una nomination al Valladolid International Film Festival.
Sulla presenza del cinema nell'opera di Tabucchi è fiorito poi un filone della critica. Oltre ai due recentissimi contributi di Carina Boschi e Thea Rimini, nel già ricordato numero speciale di «Italies» Echi di Tabucchi/Échos de Tabucchi, ricordiamo almeno i seguenti saggi: Rosy Prudente, Film e personaggi di film nella narrativa di Antonio Tabucchi, in «Cinema nuovo», maggio-giugno 1993, pp. 38-42; H. J. Freire, Todo es película. La letra y la cámara en "Cine", in Sostiene Tabucchi, a cura di R. Ferro, Buenos Aires, Biblos, 1999; F. Lopes, Um escritor ontologicamente cinematográfico in Antonio Tabucchi: geografia de um escritor inquieto, 2001, cit.; e l'intervista "Écrire le cinéma". Entretien avec Antonio Tabucchi, in Le cinéma des écrivains, a cura di A. de Baeque, Paris, Éditions de l'Étoile/Cahiers du cinéma, 1995.

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio dell'articolo Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2007

<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2007-i/Conti1.html>

Giugno-dicembre 2007, n. 1-2


 

 

 

 

 

Free counter and web stats