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Filosofia del restauro : il caso del Cenacolo leonardesco

di Cesare Chirici

L' importanza storica e artistica del Cenacolo di Leonardo va attribuita , oltre che al valore intrinseco dell' opera che ci è pervenuta pur in cattive condizioni di conservazione , alla singolare "compensazione" critico - interpretativa effettuata nel corso della sua esistenza da importanti studiosi (ricordiamo qui per inciso Vasari, Giuseppe Bossi , Goethe , Valery , il filosofo Jaspers, tanto per indicarne qualcuno ), che hanno mirato anche a "risarcire" il dipinto originale con un'operazione critica che ha assunto i caratteri di una vera e propria "ricucitura mentale", rivelatasi alla fine più incisiva delle impressioni offerte dall'opera rimasta , o per lo meno tale da produrre un effetto di ritorno sull'opera capace di restituirle vigore nonostante la sua irreversibile rarefazione.

Si può affermare che sin dall'inizio della sua comparsa (a differenza ad es. del Giudizio Universale di Michelangelo , che ha conservato sostanzialmente la sua integrità fisico-strutturale nel corso dei secoli ) , gli interventi degli studiosi , degli artisti , dei critici, hanno puntato in qualche modo a restaurare il Cenacolo , a ipotizzare i termini storicamente diversi di una sua plausibile integrità formale e cromatica facendo appello a una serie di referenti , letterari o figurativi , in taluni casi a tal punto da far ritenere non peregrina la possibilità della ricostruzione della fisionomia originaria dell'opera , attraverso una disamina accurata delle fonti e delle vicende legate alla sua realizzazione , delle copie e delle interpretazioni effettuate nel corso dei tempi . Tutto ciò ai fini di una sorta di recupero dello "spirito" di cui l'opera era permeata , quasi la sua verità sussistesse in un luogo altro rispetto all'originale , nell' economia di un platonismo di fondo che nel periodo neoclassico ha raggiunto il suo apice e solo in epoca recente pare essere stato , anche se non del tutto , ridimensionato .

Solo ai nostri giorni il destino del Cenacolo sembra legarsi strettamente , nella sua plausibile autenticità , a quella sorta di lacerto che esso è divenuto per una serie di ragioni che si verranno documentando nel corso della nostra esposizione . Solo oggi è in atto il tentativo di attribuire una diversa valenza a quella materia dell'opera d'arte che una tradizione critica ha annoverato entro i confini di una funzionalità meramente surrettizia ed ancillare rispetto alla forma . Il restauro recente dell'opera leonardesca , in atto dai primi anni '80 e da poco terminato , sottolinea la problematicità di un intervento che ambisce peraltro a una sua funzione "restitutiva" , nell'alveo ormai sedimentato di una strategia della conservazione cui la scienza conferisce particolare statuto e rilevanza e le cui implicazioni culturali assumono carattere effrattivo rispetto a una tradizione invalsa per tanto tempo.

Se fino a qualche tempo fa le operazioni critico-restaurative del Cenacolo venivano effettuate nell' economia di una restituzione del suo senso complessivo, ed il restauro pur con connotazioni legate alla sensibilità dei singoli interpreti finiva sempre per suffragare un certo intendimento critico , restando subordinato all'obiettivo della reintegrazione formale e cromatica di riegliana memoria( nel senso cioé che Riegl attribuisce all'assunto ottocentesco della restituzione del valore storico ) , ai nostri giorni sembra ormai caduto il velo di Maia che ne garantiva un sembiante in qualche modo allusivo alla sua integrità , al suo spirito interno , legittimando tutte quelle interpretazioni che miravano a suffragare e quindi ad avvalorare le iniziative dei restauratori , considerati a loro modo dei critici in corpore vili . Si è verificato, nel passato , una sorta di scambio reciproco di favori e fervori tra critico e restauratore , il primo ricostruendo filologicamente una fisionomia plausibile al dipinto e il secondo inverando tale ricostruzione con un intervento non di rado parallelo e autonomo , solo apparentemente disponibile a seguire il solco dell'esegesi storico-critica , ma in realtà in ossequio a esigenze diverse , che sfiorano non di rado la contraffazione e la manipolazione dell'opera stessa.

Ciò è avvenuto anche per il dipinto leonardesco , e i restauri del Settecento e dell'Ottocento stanno per certi rispetti lì ad attestarlo , anche se situazioni coeve meno defilate danno conto di una visione più "scientifica" del restauro stesso , con tutti gli interrogativi che il termine "scientifico" solleva anche ai nostri giorni quando lo si applica a testimonianze della produzione storica il cui senso sembra eccedere ,per certi rispetti , quei confini . Il grande fascino dell'opera milanese ha in qualche modo giustificato interventi volti a compensare un evento traumatico che chiamava in causa la profonda spiritualità di grandi interpreti , come era accaduto per importanti opere dell'antichità sopravvissute col provvido e tempestivo suffragio degli storici. L'eco di un tale atteggiamento , che investe opere insigni anche se non manca di influire sulla conservazione del patrimonio artistico in generale , si fa sentire in talune recenti considerazioni sul restauro attualmente in atto : in tali osservazioni non manca un richiamo a quell' originale , a quella misteriosa emanazione del dipinto da cui par trapelare l'autografia spirituale dell'autore , che conduce alla ricerca quasi spasmodica del colore del vero Leonardo , quasi tale ricerca non sfociasse ineluttabilmente in una sorta di "specchio dell'io" in cui si condensa la proiezione retroattiva di una cultura profondamente influenzata da residui storicistici e positivistici.

Fare uscire il discorso sulla materia dell'opera d'arte fuori dal solco di un certo positivismo rivisitato o di un idealismo più o meno strisciante significa forse dover prendere atto della ineluttabile"perdita" del vero senso dell' opera di Leonardo , significa peraltro constatare una crisi relazionale tra presente e passato che le condizioni reali del dipinto leonardesco paiono rafforzare e suffragare ai fini di una consapevolezza della sua ineluttabile "distanza" rispetto alle nostre ambizioni restitutive . In tale status , il desiderio di ritrovare il "colore" di Leonardo presuppone che gli interventi di restauro nel corso dei tempi , attraverso cui s'è realizzato quel singolare inveramento interpretativo (vagheggiato soprattutto dagli studiosi e dagli storici ) su di un piano , come si diceva , "parallelo" rispetto al contesto linguistico-verbale ma in qualche modo coestensivo alla "traccia" dell'originale opportunamente attualizzato , siano in qualche modo reversibili (e non si dispongano in una sequenza sedimentata di rapporti costituenti di per sé la densità attributiva ed espressiva del dipinto , al di là della stessa disputa su uno "sfondo" originario testimoniato dalla ricognizione attinente il valore storico riegliano) ; ma la reversibilità non concerne una pura e semplice operazione a ritroso di recupero dello strato originario eliminando le superfetazioni ; coestensiva all'aggiornamento restaurativo storicamente improntato è anche una ricognizione critica , è un'interpretazione che fa da supporto alle altre interpretazioni e permea di sé il transito del senso del dipinto al presente e al futuro della recezione. La sedimentazione critica e lo stesso assetto materico dell'immagine non consentono forse "ritorni" se non in termini di prese d'atto fatalmente "distanti" da ogni ambizione veritativa.

Accanto alla coscienza del valore dell'antico in termini di assestamento diacronico dell'immagine , come insegna Alois Riegl alla fine dell' 800, pare rafforzarsi la consapevolezza di una sorta di irreversibile processo interattivo tra produzione e fruizione artistica , testimoniato dal sedimento storico delle interpretazioni , ciascuna delle quali fa corpo con le altre permeando con la densità delle sue stratificazioni il carattere stesso del transito del senso dell'opera all'orizzonte della coscienza fruitiva. Da questo punto di vista è da ritenersi discutibile il convincimento che il restauratore futuro debba eventualmente sostituirsi all' intervento "passato" , anziché implicarlo nella propria interpretazione. La sovrapposizione non serve necessariamente a legittimare un ' autenticità precedentemente sviata , ma rappresenta non di rado l'espressione di una destituzione del senso dell'opera , se per senso si vuole intendere la sequenza degli assestamenti della materia e della condensazione delle interpretazioni , e non l'effetto di un processo a ritroso tramite cui si possa pervenire al recupero dell'originale.

Il dipinto leonardesco rappresenta , com'è noto, la condensazione di due azioni svolte simultaneamente ; la tradizione iconografica fiorentina e occidentale viene in parte infranta , anche per la presenza di Giuda nello stesso lato del tavolo su cui sono collocati il Cristo e gli apostoli ( a differenza ad es. degli affreschi fiorentini preced.) . Leonardo non si adegua alla tradizione iconografica , ma la sua riflessione gioca un ruolo notevole nella realizzazione del soggetto , dando luogo a una sorta di controllo purificatorio del processo creativo ( secondo quanto emerge da un'analisi del filosofo Jaspers ripresa da Ferruccio Masini ) . Questa singolare scansione riflessiva del dipinto sarebbe il risultato di un lento drenaggio analitico della Cena , assunta come occasione per una decantazione critica e operativa della funzione della stessa pittura , che fa di Leonardo più una sorta di "filosofo" che di un credente , interessato più all'aspetto psicologico e drammatico che a quello anagogico ed edificante (qualcosa di simile è accaduto al Michelangelo del Giudizio Universale ) dei Vangeli .

Interessante il rilievo dello storico Kenneth Clark circa il carattere "letterario" del l'opera : "è la più letteraria di tutte le grandi pitture , una delle poche nella quale l'effetto può essere reso - e perfino esaltato - dalla descrizione" . Sulla tradizione letteraria che rafforza il significato della Cena si sofferma anche la studiosa Ottino della Chiesa , citata da Franco Mazzini . Dall' aspetto "letterario" dell'opera all'interpretazione per eccellenza del medesimo , il passo è breve. Sarà Goethe a fornire , sulla scia di Giuseppe Bossi ,"la migliore interpretazione letteraria del Cenacolo". Il dipinto pare salvarsi da sé , la migrazione del suo "senso" suggellata dall'interprete è giustificata dalla sua straordinaria capacità di captare l'attenzione di grandi personalità creatrici della cultura e della filosofia (tra cui Goethe , Jaspers, Valery ).

A giudicare un genio occorre un corrispettivo , e la lingua verbale è il tramite che "salva" l'idioletto individuale dell'artista . Il restauro è implicito in ciò : i grandi geni della letteratura e della filosofia hanno salvato il Cenacolo dal suo inarrestabile deperimento . Alla formulazione "letteraria" dello stesso soggetto della Cena Leonardo avrebbe dedicato molte riflessioni e molti studi , "urbanizzando" in qualche modo (attraverso una elaborazione raffinata di gesti e inflessioni) un'immagine la cui singolarità ha finito col soggiacere alle leggi di un degrado inarrestabile . Per Giuseppe Bossi il Cenacolo è il compendio sia di quanto l'artista vinciano insegnò che di quanto comprese coi suoi studi (v. G.Bossi , Del Cenacolo di Leonardo da Vinci , Milano 1810, 1° vol. , p. 73 ).

Sul carattere "sui generis" dell'iconografia di Leonardo si sofferma lo Heydenreich . Oltre al movimento drammatico della scena, che implica un coinvolgimento emotivo dello spettatore (che vive il tradimento come motivo drammatico centrale) è ivi un condensato di illusionismo e simbolismo , prospettiva e armonia (tra moto mentale e fisico , con precoci ispirazioni in dettagli già presenti nella scena sullo sfondo di un disegno dell' Adorazione dei Magi del Louvre , ove è un gruppo degli apostoli e la figura di Cristo indicante il piatto , secondo il testo di Matteo , XXVI , 2, 3 : "colui che ha messo con me la mano nel piatto , quello mi tradirà" ) nonché la conquista pittorica dell'aria interposta tra occhio e soggetto visto , la "percezione del fenomeno" . Si tratta di una singolare condensazione e simultaneizzazione di diverse conquiste tecniche , culturali , estetiche e scientifiche , che si verificano a cavallo tra '4OO e '5OO e che servono a dare al soggetto religioso una sorta di attualizzazione psicologica e gnoseologica, ove conoscenza , esperienza, comportamento, convivono per rilanciare una recodifica di messaggi umanistici e religiosi con cui la tradizione figurativa deve fare i conti .

L'importanza della riflessione di Goethe per il "destino" del Cenacolo è nota ; egli mutua Leonardo dal libro di Giuseppe Bossi, ottenuto in seguito alla venuta a Milano del Granduca Carlo Augusto, suo protettore , per acquistare i calchi bossiani del Cenacolo , 86 lucidi tuttora conservati a Weimar . Sia i calchi che il volume bossiano stimoleranno il suo breve ma denso testo sulla Cena , che renderà probabilmente universale la fortuna dell'opera. Goethe aveva già visto il Cenacolo nel I785 ; il testo del Bossi lo orienta verso le copie del dipinto , tra le quali preferisce quelle di Castellazzo ( che ha utilizzato una copia del I51O di Marco d'Oggiono ) , di Ponte Capriasca e dell'Ambrosiana di Milano, realizzata dal Vespino su richiesta del cardinale Federico Borromeo.

Goethe parte dall'interpretazione di Bossi , un Bossi che " non potendo prendere per base del suo lavoro un originale interamente degradato e ridipinto , si vede forzato a ricorrere alle copie che esistevano , e disegnando fino a tre differenti riprese le teste e anche le mani cerca di penetrare il più possibile lo spirito del suo illustre predecessore e a indovinarne l'intenzione" (Mazzucchetti) . Occorre cogliere lo spirito dell'originale , e occorre anche una mente eccelsa per far ciò . Ecco , lo "spirito". Attenzione alla spiritualità : essa supplisce alle carenze della "lettera" , della materia estenuata dell'opera. Analizzando il discorso goethiano , si evince che l'arte è imitazione della natura ; ma l 'artista eccelle , se ciò accade , a sua insaputa. Per Goethe , che gravita in clima romantico , l'arte è una prassi non conscia di se stessa . Forse sta qui il senso del discorso dell'illustre poeta-filosofo : lo spirito, in senso hegeliano , non si riflette ancora su se stesso , come accadrà nell'epoca della coscienza storica e dell' immagine del mondo . "Tutto tendeva al naturale e alla verità , ma l'umanità mancava del tutto ; ed effettivamente si trova in questo periodo le più felici disposizioni , e malgrado ciò nessun'opera è né perfettamente inventata , né interamente combinata , sempre qualcosa di accidentale e di eterogeneo viene a sfigurare le più ardite concezioni . Perché? Perché i principi che avrebbero dovuto servire a giudicare la sua propria opera non erano ancora né stabiliti né pronunciati". Goethe è vicino ad Hegel: con l'arte si produce qualcosa ma non si sa ancora bene quello che si fa . Leonardo , assunto a specimen della coscienza umana agli albori del "moderno" , cerca di penetrare nei segreti dell'arte , di cogliere la varietà delle fisionomie umane , in cui "non solo il carattere permanente della mente , ma anche la emozione contingente è presentata agli occhi" .

Riportiamo qui un lungo brano di Goethe sulla disposizione e il significato dei personaggi della Cena :

immaginatevi di trovarvi in questo luogo (il refettorio delle Grazie ) e figuratevi la calma discreta e indisturbata che regna in un simile refettorio monastico ; allora ammirerete l'artista che seppe infondere nel suo lavoro un'intensa emozione e un'attiva vitalità , e che mentre restava il più possibile vicino alla natura , allo stesso tempo creava un contrasto con le scene della vita reale immediatamente circostanti . I mezzi emotivi che egli impiegò per agitare la santa e tranquilla compagnia seduta a tavola sono le parole del maestro , uno di voi mi tradirà . Le parole sono pronunciate e tutta la compagnia è gettata nella costernazione : ma egli inclina la testa e , con lo sguardo rivolto al basso , con l'intero atteggiamento , con il movimento delle braccia e delle mani , con tutto sembra ripetere l'infausta frase , che il silenzio stesso non fa che confermare: in verità in verità vi dico , uno di voi mi tradirà . Prima di procedere oltre , però , analizziamo un grande espediente mediante il quale Leonardo ravviva massimamente il sauo dipinto : il movimento delle mani.... e da questo punto di vista il dipinto che ci sta davanti è assolutamente unico , tanto che è impossibile , di fronte a una simile vista , limitarsi alla contemplazione. Le fisionomie e i gesti sono all'unisono perfetto , e pare che allo stesso tempo si instaurino fra le parti una cooperazione e un contrasto meravigliosamente armonizzati. Le figure ai due lati del nostro Signore possono essere considerate a tre a tre , e tali appaiono , come in unità connesse tra loro da diversi collegamenti. Vicini a Cristo , sulla destra stanno Giovanni Giuda e Pietro. Pietro , il più lontano , udite le parole del Signore subito si alza , in conformità con il suo carattere veemente , dietro a Giuda , il quale , terrorizzato con gli occhi rivolti in alto , si appoggia alla tavola , tenendo la borsa con la mano destra serrata , ma facendo con la sinistra un gesto involontario e convulso , quasi a chiedere cosa succede ? cosa accadrà ? Pietro , allo stesso tempo , ha afferrato con la sinistra la spalla di Giovanni , che si piega verso di lui , e indicando Cristo sembra voler dire al discepolo prediletto che gli chieda chi è il traditore. Pietro ha il coltello nella destra e per caso senza pensarci , tocca col manico il fianco di Giuda , per cui l'atteggiamento di quest'ultimo , che si curva in avanti , come se fosse allarmato , e così facendo rovescia una saliera , produce un effetto ben riuscito . Questo gruppo è da considerarsi il primo concepito nel dipinto : certamente è il più perfetto . Mentre a destra , in un 'atmosfera abbastanza emozionata, sembra che si minacci immediata vendetta , a sinistra invece si manifestano orrore e ripugnanza per il tradimento. Giacomo il Maggiore indietreggia terrorizzato , spalanca le braccia e tiene lo sguardo fisso con la testa rivolta in basso , come se immaginasse di vedere già con gli occhi le cose terribili che ascolta con le orecchie. Dietro le sue spalle spunta Tommaso che , avanzando verso il Salvatore, alza l'indice della destra in direzione della fronte. Filippo , terzo di qesto gruppo , lo completa in modo bellissimo : egli è in piedi , e chinandosi in avanti , verso il maestro , congiunge le mani sul petto , ed è come se distintamente dicesse: Signore , non sono io -Tu lo sai- Tu vedi il mio cuore puro-Non sono io. Le ultime tre figure di questa parte offrono nuova materia di ammirazione . Esse stanno conversando fra loro della terribile notizia ricevuta . Matteo si gira con un' espressione di ansia verso i due compagni a sinistra , tendendo le mani con rapido gesto verso il Maestro ; e in questo modo , mediante un'invenzione geniale , egli collega il suo gruppo ai gruppi precedenti . Taddeo mostra grandissima sorpresa, incertezza e sospetto : tiene la mano sinistra aperta e distesa sulla tavola e la destra alzata come se con il dorso della mano volesse fare un brusco movimento verso sinistra : un movimento che talvolta si osserva nella vita quotidiana , quando in circostanze inaspettate si esclama: "Non ve l'avevo detto? Forse non l'avevo sempre sospettato ? " Simone siede con grande dignità a capotavola ; perciò lo si vede per intero . Più vecchio di tutti , egli è vestito con abito completo. La sua fisionomia e il suo gesto indicano che egli è turbato e pensieroso , benché non sia agitato né terrorizzato. Portando subito gli occhi all'estremità opposta della tavola , vediamo Bartolomeo, che si è alzato sul piede destro e tiene il sinistro accavallato , con il corpo chino in avanti e appoggiato su entrambe le mani alla tavola . Egli ascolta come per udire ciò che Giovanni potrebbe venir a sapere dal Signore : perché nell'insieme , da questa parte , sembra che facciano tutti capo al discepolo prediletto . Giacomo il Minore , vicino a Bartolomeo ma dietro a lui , mette la sinistra sulla spalla di Pietro (come a sua volta Pietro la mette sulla spalla di Giovanni) ; ma Giacomo ha un aspetto mite , come se desiderasse soltanto avere un'informazione , mentre Pietro sembra minacciare vendetta. E ancora , come Pietro dietro a Giuda , così Giacomo il Minore distende le mani dietro ad Andrea , il quale , esssendo una delle figure più avanzate , con le braccia mezzo sollevate e le mani aperte esprime il fermo orrore da cui è stato colto. Questa espressione è raffigurata soltanto una volta nel dipinto , benché venga tristemente ripetuta in opere di minor conto , eseguite con meno genio e riflessione .

Sul deterioramento precoce del dipinto , si sofferma il già citato Heydenreich , che ha studiato a fondo l'opera : " Paradossalmente , la stessa pittura è stata per secoli poco più che un fantasma . Ha cominciato a deteriorarsi dal 1517, appena 2O anni dopo che Leonardo la finì . E' andata in decadimento da allora e molto di quanto è stato lasciato intatto dal tempo è stato realmente rovinato da una successione di restauratori . Che l'immagine abbia sopravvissuto così vigorosamente a dispetto della virtuale scomparsa della sua realizzazione originale non rappresenta l'ultima delle testimonianze del suo straordinario potere". Per cui il capolavoro di Leonardo va "restaurato negli occhi della mente ": " il fantasma sul muro di S . Maria delle Grazie continua a ossessionare l'immaginazione occidentale ".

La straordinaria sinergia tra tecnica esecutiva e vicende conservative singolari , culminata negli effetti prodotti dalla condensazione di umidità sulla superficie che ha contribuito alla frammentazione della pellicola pittorica , è oggetto delle penetranti osservazioni emerse in occasione del restauro recente a opera della restauratrice Pinin Brambilla , che approfondiscono in una pubblicazione ad hoc quella concezione del restauro come operazione à rebours che in qualche modo l'intervento del Pelliccioli negli anni '4O-5O del nostro secolo aveva inaugurato sul Cenacolo stesso . Prima di tale intervento i restauri precedenti avevano contribuito alla costituzione di una sorta di "palinsesto", che è stato sì responsabile di un parziale ottundimento del "testo" originale , ma nel contempo ha costituito il segno di una interpretazione storicamente improntata del dipinto stesso , tentando di restituire un ' unità sulla scia di quella interpretazione del senso dell'opera che le stesse copie nei vari tempi hanno a modo loro perseguito (sul rapporto interpretazione-restauro del Cenacolo si soffermano Marco Rossi e Alessandro Rovetta in questi termini:" lo stato di precoce decadimento dell' opera ha sempre accelerato lo sforzo interpretativo , non solo a livello di scritti , ma soprattutto attraverso la proliferazione di "copie" del dipinto , intendendo queste in senso lato , tanto da poter sostenere che la fortuna del Cenacolo non è consistita nella sua ripetizione , ma nella sua interpretazione ") .

Accanto alle copie che interpretano il dipinto invece di "imitarlo" subordinandosi ad esso , il restauro ha inteso reintegrare un testo mutilo sia in ossequio al significato rituale e religioso del tema (con una certa disponibilità a venir incontro alla relativa semplicità del suo messaggio) che all'importanza storico-culturale di Leonardo , sostanzialmente conservatasi nel tempo per la risonanza che tale dipinto ebbe sin dalla sua realizzazione come specimen dell'attività di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. L'interpretazione del significato religioso dell'opera tramite l'aggiornamento restaurativo , che si registra fino alla fine dell' Ottocento , s'è espressa in termini di sedimentazione storico-critica ma anche cultuale , di un messaggio che andava ricuperato in funzione di quella restituzione e attualizzazione visiva di quel rapporto tra spirito e lettera che è alla base sia dell'ermeneutica teologica che della concezione interpretativa dell'immagine in anni non tanto lontani dai nostri ; rinverdire l'immagine vuol dire aggiornarne il significato ma ciò pertiene a una funzione surrettizia rispetto all'ortodossia e alla verità del referente liturgico e religioso , che dimora altrove rispetto al contesto in cui s'incarna . L'immagine assume risonanza attraverso una sorta di inveramento del senso che le sta "fuori", disponendosi a mediare un'alterità spirituale , una differenza che diviene identità a prezzo del destino contingente e "rifacibile" dell'involucro sensibile.

Nell'economia delle osservazioni richiamate in precedenza vanno collocate le iniziative di restauro intraprese dal Settecento in poi al Cenacolo (dal Bellotti al Mazza al Barezzi , al Cavenaghi, al Silvestri, ecc., ben illustrate dalla restauratrice Pinin Brambilla Barcilon in un libretto pubblicato nell'84 , Il Cenacolo di Leonardo in Santa Maria delle Grazie , Milano Olivetti ) , che sono state codificate con rigore e sistematicità in occasione del recente intervento , costituendo una sorta di preistoria dell'ultimo restauro vinciano all'interno di una selezione di eventi funzionali a determinati obiettivi metodologici . Il restauro attuale deplora naturalmente gran parte degli interventi precedenti , considerati inadeguati e fuorvianti ( a partire da quello del Bellotti che "rifà" o meglio reintegra una buona parte del dipinto ottundendone il senso , in ciò seguito anche dal Mazza) , in nome di una visione scientifica che consentirebbe di recuperare il "colore" autentico , la stesura originale , anche se estenuata , in una parola l'autografia del grande artista di Vinci. Una posizione di tal genere , in base a cui si ritenga discutibile ogni operazione trascorsa , presta il fianco a diverse osservazioni ; ma la principale si lega al rilievo circa i presupposti stavolta "epistemologici" che muovono a un tale convincimento. Tali presupposti ritengono che la scienza moderna sia in grado finalmente di decrittare il vero senso del testo eliminando le interpretazioni spurie che hanno convissuto con gli stessi restauri d'un tempo.

Da questo punto di vista ci sembra più veritiero il Bossi quando afferma quasi due secoli fa che ogni interpretazione non riuscirà mai a cogliere il vero senso dell'opera di Leonardo , che appartiene soltanto all'autore e all'irraggiungibile profondità della storia . Il Bossi sottolinea che l'ambizione di riunire insieme lo spirito e la lettera dell'opera di Leonardo tramite un'operazione filologica è destinata al fallimento , rendendo meno assurdo quindi il suo proposito di "ricostruire" l'immagine della Cena con la sua copia , avvalendosi di tutti gli stimoli e i contributi che le vicende interpretative di questo dipinto possono offrire. Rispetto all'ambizione del grande pittore e critico lombardo dei primi dell'8OO , che Goethe farà sua rendendo ancor più famoso il dipinto , l'intento scientifico che governa l'operazione restaurativa di oggi appare più paradossale anche se non è altro che il segno dei tempi , della rete dei rimandi che influisce inevitabilmente sul restauro.

Il restauro ha valore "retrottivo" invece che "progressivo " , come accadeva prima del Pellicioli? La verità dell'opera pare emergere una volta scompaginato il "sedimento" che ne garantisce l'investitura storico-culturale e l'ingresso nell'universo della comunicazione . Il Cenacolo non sfugge a questo maquillage alla rovescia ; il belletto è offerto da un'operazione che vuole togliere la maschera che copre come un velo di Maia l'identità dell'opera , ma tale identità è qualcosa di virtuale , è l'espressione di un' immagine del mondo che presiedeva alla sua realizzazione , di una proiezione soggettiva dell'artista , una sorta di intromissione del recettore nell'universo psicologico dell'autore , che si trasforma in un feticcio oggettivato il cui carattere simulacrale trova una nuova ed aggiornata riformulazione.

Alla sensibilità e alla conoscenza individuale del critico e del restauratore , che presiedeva agli aggiornamenti dell'immagine artistica , si sostituisce lo "scienziato" che non può sbagliare , che garantisce con le sue analisi rigorose e incontrovertibili la verità di un fatto , di un evento , suffragato dal concorso dello storico che non abdica a una certa tradizione critica ma dalla scienza è disposto a ricevere un appoggio importante (non avendone tratte tutte le conseguenze) proprio ai fini del riconoscimento della verità dell'opera . Quest'ultima apparirà un simulacro di se stessa , come nel caso del Cenacolo , ma il simulacro che il restauro attuale ci consegna è assai più plausibile di tutti quelli che lo hanno preceduto in quanto è frutto di un' indagine tecnico-scientifica e critica al servizio della verità. Accanto a questa accezione scientistica dei "fatti" richiamiamo qui le considerazioni bossiane : i fatti sono solo "quelli che sono provati e sostenuti da una o più ragionevoli autorità e che non sono in contrasto colla storia contemporanea di cose maggiori". L'autorità è qui , ovviamente , quella dei grandi interpreti , dei grandi racconti , che la scienza dovrebbe delegittimare. .

S'è inteso da più parti che il Cenacolo aspiri al riconoscimento della sua verità storico-culturale ( lo storico dell'arte Carlo Bertelli se ne è fatto portavoce) con un intervento capace di ritrovare il vero Leonardo . Ma esiste un "vero" Leonardo , anche indipendentemente dalle carenze materiche del Cenacolo , variamente rabberciate nel corso dei tempi? Si attribuisce al restauro una funzione quasi miracolistica , di restituzione dell' autenticità dell'opera e di retta attribuzione della personalità dell'autore. Qui usciamo anche dai confini della Cena , per investire una questione assai più generale , il senso della storia e i limiti del suo recupero nel contesto dell'attuale cultura. Restando nell'ambito della questione del restauro , non pare possibile ritenere che un intervento possa restituire il vero senso di un testo ; tale vero senso è sempre un'ipotesi storicamente condizionata e improntata , e le precedenti interpretazioni che hanno scandito il percorso delle testimonianze del passato come pietre miliari di una vicenda , per così dire , in cammino , hanno costituito i puntelli di un processo la cui densità e il cui sedimento non sono segmentabili . L'idea che si possa fare a meno delle interpretazioni coestensive o "laterali" del testo , dell'opera , si fonda sulla convinzione che l'opera sia qualcosa che si possa separare dall'interpretazione storico-linguistica, culturale , che se ne dà nel corso del suo cammino . L' interpretazione letteraria , critica , storico-culturale convive indissolubilmente con l'opera stessa , anche se quest 'ultima pare poterne fare a meno nella sua singolarità e consistenza fisica , reclamando una verifica interna , separata , come si richiede ad es. in occasione del restauro. Ma quest'ultimo fa i conti con la rete dei rapporti che l' opera istituisce col suo valore storico , il suo valore dell'antico e i valori contemporanei , come afferma Riegl , in un intreccio quasi inestricabile al punto che ogni intervento rischia di imbattersi in una sorta di "relitto" se tale reticolo interattivo e complesso come un cretto non viene considerato come si dovrebbe : " L'opera come individualità che è supposta conservare la sua fisionomia nel tempo non esiste ; esiste soltanto la sua relazione con uno degli interpreti " (Foucault).

Ogni operazione a rebours fa i conti con il sedimento dell'opera , con quella rete di rapporti che assicura il suo transito nella stessa epocalità storica , arricchendone il senso e rilevandone la polisemia. La ricchezza dell'opera d'arte corrisponde alla virtualità di un passato la cui comprensione "scientifica" ne sancirebbe un fatale inaridimento . L'opera si arricchisce quindi anche in grazia dei sensi diversi che essa acquista nella diacronia , ritrovando continuamente nuove vesti , nuove maschere una volta che il rinvio a una referenza originaria è destituito di senso da una crisi di valori che svuota di significato ogni falsa certezza e ci pone di fronte a una "lettera" morta .

Il fatto che esista una tradizione interpretativa del Cenacolo , che ha avuto ad es. nel Vasari uno dei suoi recettori più sensibili (lo afferma il Bossi) , e che si è dipanata nel tempo con orientamenti diversi anche se probabilmente meno articolati e drammatici di quelli che hanno riguardato ad es. il Giudizio di Michelangelo , non significa che essa vada intesa in senso lineare e in omaggio a una sempre diversa e innovativa capacità di visione. Esistono delle costanti nell'interpretazione dell' opera leonardesca , come accade peraltro nel caso stesso del Giudizio . Al di là dell'eventuale orientamento che può assumere l'attuale recezione , scevra peraltro da ogni coinvolgimento emotivo con una testimonianza portatrice di un messaggio che per alcuni versi non ci appartiene più , quello che conta pare risiedere nella ricchezza e pluralità di sensi che l'opera ha trasmesso tramite le diverse letture che ne sono state offerte , che non consentono probabilmente un approccio a un originale il cui autentico significato non è forse possibile rinverdire . Il Cenacolo costituisce un esempio straordinario di quanto alla fruizione di un originale presieda il destino dell'interpretazione al punto da farsene carico fino alla destituzione di senso dell'idea stessa di originale . Ad es. lo Heydenreich afferma che l'immagine dell'opera è sopravvissuta a dispetto della virtuale scomparsa della sua redazione originale , cui hanno concorso sia la tecnica e l'ambiente del dipinto che i restauri che lo hanno alterato ineluttabilmente nel tempo . H. insiste sul fatto che il vero restauro è un atto mentale , nel senso che solo attraverso la mente è possibile ricostruire idealmente un' immagine che il tempo muta e che l'uomo non può , per così dire , "ringiovanire" o recuperare nella sua "verità" .

Il Cenacolo è divenuto subito un ''fantasma' ( ha quindi sollecitato subito l'immaginazione a rivestirlo di paramenti adeguati alla sua presunta importanza e grandezza , al di là dell' azione esercitata sul suo simulacro che è rimasto sempre tale nonostante i restauri ) . Si tratta di un fenomeno di grande suggestione psicologica , che agisce indipendentemente dalla referenza concreta, dall'opera qua talis . Lo sfondo che presiede alla dimensione testuale del dipinto ha costituito il terreno di compensazione di un'immagine sottoposta a un lento processo di rarefazione. E' una soggestione dovuta alla persistenza di quello spirito vivente che ha caratterizzato le vicende culturali dell'europa sette-ottocentesca . Lo sfondo della fortuna dell' opera ha compensato la sua precarietà , "restaurando" per così dire il testo menomato . Lo spiritualismo della Cena migra nel corso degli anni facilitando la reintegrazione mentale che ha compensato la jattura del degrado. In tal caso , non conta tanto l'integrità del dipinto quanto la congerie dei supporti paradigmatici , critici ,"interpretativi" che l' hanno tenuto in vita a dispetto del degrado stesso . L'opera è sopravvissuta attraverso copie , scritti , citazioni , letture, sollecitazioni varie che hanno fatto da cassa di risonanza e da stimolo al suo recupero culturale . Ivi non conta tanto l'originale quanto l'operazione restitutiva più o meno virtuale , indotta dal rilievo che storicamente il dipinto ha ottenuto . Questo discorso vale , probabilmente , fino agli albori dell'epoca attuale ove l'idea che il significato dell'opera possa continuare a migrare in corpore vili a dispetto della rarefazione e della trasformazione della materia , entra in crisi. L'inversione di tendenza rispetto alla tradizione è data dalla crisi della nozione stessa di identità come di un qualcosa che possa essere ritrovata a suggello della funzione veritativa della storiografia , sulla scia di quella trazione scientistica imposta dal positivismo nei confronti dello storicismo stesso , ingenerando una serie di problemi che sono presenti nel dibattito filosofico e scientifico moderno.

Che la testimonianza del passato porti con sé un significato autentico decriptabile col concorso della "scienza dell'arte" è questione oggigiorno assai discussa . Il significato dell' opera del passato pare essere quello che la nostra epoca di fatto gli conferisce , sulla base di un'interpretazione che non conferma o scopre una verità oggettiva ma la costruisce in base alle proprie esigenze e alle proprie condizioni di possibilità. La ricostruzione che noi facciamo degli eventi del passato non ha nulla a che vedere con l'eventuale '"verità" di quei fatti giacché ad essa presiedono precondizioni , aspettanze , sistemi di attese , modalità ricettive completamente diverse. Più che accertare verità lo studio del passato sviluppa ipotesi , congetture che derivano in parte dal peso della tradizione e che solo in parte l'uomo è in grado di sottoporre alle proprie necessità e capacità di conoscenza. Un intervento di restauro su un'opera del passato deve sempre essere consapevole del sedimento che permea quelle testimonianze e della densità delle interpretazioni che ne costellano le vicende ; cancellare un intervento precedente è sempre cancellare un'interpretazione coestensiva all'opera che ne permea ineluttabilmente la fenomenologia , restando comunque un momento inseparabile della sua vicenda storica.

Il restauro non deve necessariamente conservare tutto ciò che all'opera è accaduto prima di esso . Ma l'intervento che s'attua non potrà mai considerare accidentali gli eventi precedenti ; l'opera ne verrà permeata al punto da richiedere un'adeguata ricognizione delle sue vicende conservative , ciascuna delle quali lascerà un impronta ineliminabile e sempre "riscopribile" a un'analisi adeguata. Il fatto che ogni intervento di restauro costituisca una sorta di nuova interpretazione dell'opera non toglie che il destino di quest'ultima sia legato non soltanto a quell'interpretazione ma a una densità che ne implica molte altre , arricchendo i contorni della sua complessa fisionomia.

Già all'epoca del restauratore Pellicioli , negli anni Cinquanta di questo secolo ormai alla fine , il suo intervento sul Cenacolo costituì un evento importante in funzione di quella ricerca dell'originale che la scienza intendeva da par suo condurre avanti affiancandosi a una storiografia straordinariamente corriva nel solco delle magnifiche sorti dello storicismo . Pellicioli fu considerato , al di là della sua stessa fama , come un araldo del recupero del vero Leonardo a quanto si apprende da un resoconto di Fernanda Wittgens , direttrice della Pinacoteca di Brera , quasi cinquanta anni or sono. Le parole di quel resoconto inneggiano proprio al colore originale ritrovato sotto gli strati di ridipinture e del sedimento estraneo di polveri , microflora , ecc., inaugurando una stagione che ha trovato il suo pieno sviluppo solo ai nostri giorni , relativamente avari peraltro di lodi nei confronti di quell'intervento , per così dire , pionieristico .

 

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