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Note:


1  La sceneggiatura è conservata in ACGV (Archivio Contemporaneo «A. Bonsanti» del Gabinetto scientifico-letterario «G.P. Vieussex») nel faldone GU II 9.2, cc. 84-106, in cui è presente anche un fascicolo (cc. 107-130), contenente i testi utilizzati per la composizione del copione radiofonico, a eccezione del Tam tam degli animali. La presenza della sceneggiatura è segnalata da G. Radin nel Commento alla sezione Affrica del volume di Traduzioni pubblicato da Ungaretti per i tipi di Novissima (1936), in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Traduzioni poetiche, a cura di C. Ossola e G. Radin, Milano, Mondadori, «i Meridiani», 2010, p. 1341 (d’ora in poi: TrP), ed è altresì menzionata nella Cronologia pubblicata nel medesimo volume (p. CL), già edita in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura e con un saggio introduttivo di C. Ossola, Milano, Mondadori, «i Meridiani», 2009, p. CXXIV (d’ora in poi: TP).

2  Ungaretti aveva già collaborato alla rubrica con la versione dell’Anabase di St.-John Perse, trasmessa solo due settimane prima, precisamente il 3 marzo 1948.

3  Sergio Pugliese, [Presentazione del programma radiofonico «Il teatro dell’Usignolo»], in «Radiocorriere», XXIV, n. 45, 9-15 novembre 1947, pp. 12-13: «Il canto dell’usignolo è canto notturno: nella quiete magica della notte, entreranno nelle vostre case le grandi parole della poesia di tutti i tempi, parole che vivono nel subcosciente di tutti gli uomini anche dei più sprovveduti e dei più lontani da ogni ricerca cerebrale».

4  La prima puntata del programma radiofonico si apre il 12 novembre 1947 con il Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez, e si conclude il 1 luglio del 1949 con il Dialogo di Tristano e di un amico.

5  Virgilio, Egloga, 18 febbraio 1948.

6  Sofocle, Edipo Re, 5 maggio 1948.

7  Saffo, La luna è tramontata, 15 dicembre 1948.

8  Stéphane Mallarmé, Erodiade, 14 aprile 1948.

9  Oscar Wilde, Fuochi d’artificio, 11 febbraio 1948.

10  Mark Twain, Racconto californiano, 24 marzo 1948.

11  Tommaso Landolfi, Palcoscenico girevole, 25 febbraio 1948.

12  Vasco Pratolini, Lungo viaggio di Natale, 29 dicembre 1948.

13  «Napoli, casa e bottega» antologia di Carlo Bernari, 1 dicembre 1948.

14  L. Sinisgalli, [Presentazione del programma radiofonico «Il teatro dell’Usignolo»], in «Radiocorriere», n. 45, cit., pp. 12-13: «I nostri libri più cari ci stanno lì, accanto al letto. E noi ci siamo chiesti: non potrebbe la radio periodicamente sostituirsi al libro che teniamo sul comodino? Portarci tra veglia e sonno il conforto di parole assolute, legarci senza filo a un cielo suggestivo, il cielo animato della Poesia».

15  F. Rossi, [Presentazione del programma radiofonico «Il teatro dell’Usignolo»], in «Radiocorriere», n. 45, cit., p. 13.

16  GU II 9.3, cc. 1-2 (ms. a penna nera). Nell’inserto è presente un’altra redazione ms. del testo (cc. 23-24), interessata da numerose correzioni e con ogni probabilità precedente.

17  G. Ungaretti, Traduzioni. St.-J. Perse, William Blake, Góngora, Essenin, Jean Paulhan, Affrica, Roma, Novissima, 1936.

18  Tam tam degli animali e Lamento arabo erano riunite nella sezione Affrica del volume Traduzioni (cit.), accompagnata dalla seguente Nota di Ungaretti: «Le cose riunite sotto il titolo Affrica, che è la terra della mia infanzia e della mia adolescenza, pubblicate sulla "Gazzetta del Popolo" nel ’31 (la prima trascritta dalla viva voce, la seconda, da una raccolta a cura di Blaise Cendrars) stanno a dimostrare, come in moltissima parte nel suo spirito tutto questo volume, la mia nostalgia». Il testo di Lamento arabo deriva con ogni probabilità da una versione francese di Elian J. Finbert, Chanson de pleureuses sur la mort d’un jeune homme (cfr. G. Radin, Commento, in TrP, pp. 1339-1340) e fu pubblicato per la prima volta all’interno del paragrafo Lamenti contro i vivi e nenie per i morti della prosa Pianto nella notte («Gazzetta del Popolo», 21 luglio 1931). Successivamente scorporato dal testo in prosa, e pubblicato con il titolo Lamento cairino nel volume Il povero nella città (Milano, Edizioni della Meridiana, 1949), il componimento è poi incluso nel Quaderno egiziano 1931 (in «Letteratura», V, settembre-dicembre 1958, n. 35-36) di nuovo come parte della prosa Pianto nella notte, e infine pubblicato ne Il deserto e dopo (Milano, Mondadori, 1961, 1962). Decisamente più breve è la storia redazionale del Tam tam degli animali, che non fu ripubblicato in altre sedi; anch’esso, come il precedente, deriva da un testo francese, stavolta a opera di Blaise Cendrars (Danse des animaux, in Id., Anthologie nègre, Paris, La Sirène, 1921). Per maggiori informazioni sull’iter compositivo ed editoriale dei testi si rimanda al già citato Commento di G. Radin, TrP, pp. 1337-1342, nonché alla collazione delle varianti a stampa ivi contenuta (p. 1209).

19  Pubblicato per la prima volta sulla «Gazzetta del Popolo» il 24 settembre 1931, poi rivisto e ampliato nel 1947 per la presentazione della mostra dei disegni di Carlo Carrà (Milano, Galleria Barbaroux), realizzati come illustrazioni di un’edizione di lusso del Don Quijote di Cervantes (testo spagnolo rivisto da F. Meregalli, Milano, Edizioni della Conchiglia, 4 voll., 1947-1948), il testo è raccolto nel volume che da esso deriva il titolo – Il povero nella città – quindi inserito nel Quaderno egiziano 1931 («Letteratura», cit.; il testo riprende l’edizione del ‘31), e infine edito con numerose varianti ne Il deserto e dopo. Il testo pubblicato ne Il povero nella città è stato successivamente edito nel volume: G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e L. Rebay, Milano, «i Meridiani», 1974, 1972, pp. 504-527 (d’ora in poi: SI). Per una descrizione del complicato iter editoriale della prosa si rimanda alle Note e notizie sui testi di P. Montefoschi nel volume, G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Viaggi e Lezioni, a cura di P. Montefoschi, Milano, Mondadori, «i Meridiani», 2000 (d’ora in poi: VL), e in particolare alle pp. 1189-1194; ma si vedano anche la postfazione di C. Ossola («Aureola errante») alla ristampa de Il povero nella città, Milano, SE, 1993, pp. 90-107; nonché il saggio – sempre di Carlo Ossola - «Materia guarita»: il corpo della prosa, in Atti del convegno internazionale su Giuseppe Ungaretti, Urbino, 4 venti, 1981, vol. I, pp. 395-458 (poi edito in Id., Figurato e rimosso. Icone e interni del testo, Bologna, il Mulino, 1988, pp. 213-279).

20  Il testo è stato pubblicato per la prima volta sulla «Gazzetta del Popolo» del 12 settembre 1931, con il titolo La risata dello dginn rull, quindi inserito ne Il povero nella città (con il titolo mutato in Il demonio meridiano), poi pubblicato nel Quaderno egiziano 1931 («Letteratura», cit.) e infine edito ne Il deserto e dopo con la primitiva titolazione. Per maggiori informazioni si rimanda alle Note e notizie sui testi, a cura di P. Montefoschi, VL, pp. 1184-1187.

21  Ultima delle "prose egiziane" che figurano nel volume Il povero nella città, anche Giornata di fantasmi fu pubblicata dapprima nella «Gazzetta del Popolo» (3 dicembre 1931), quindi, notevolmente modificata, sulla rivista «Parallelo» nel 1943, poi su «Letteratura» nel Quaderno egiziano 1931, infine nel Deserto e dopo. Per maggiori informazioni si rimanda alle Note e notizie sui testi, VL, pp. 1196-1208.

22  La poesia fu pubblicata per la prima volta su «Lacerba» il 7 febbraio 1915, quindi raccolta nel volume Poesie disperse, a cura di G. De Robertis, Milano, Mondadori, 1945, 19642, ora in TP, p. 407.

23  Pubblicata per la prima volta ne Il porto Sepolto (Udine, Stabilimento Tipografico Friulano, 1916), e compresa nelle varie edizioni de L’Allegria, la poesia è ora consultabile in TP, p. 71.

24  La poesia fu pubblicata per la prima volta su «La Riviera Ligure» (ottobre-novembre 1917), quindi inserita in Allegria di Naufragi (Firenze, Vallecchi, 1919) e in tutte le successive edizioni della raccolta; adesso è consultabile in TP, p. 611.

25  La poesia, compresa nell’edizione del 1931 de L’Allegria (Milano, Preda), è presente in tutte le successive edizioni della raccolta, ed è adesso consultabile in TP, p. 132.

26  Si tratta dell’unica poesia de Il Sentimento del Tempo inclusa nel copione radiofonico. Pubblicata per la prima volta su «Il Convegno» (25 marzo 1924), quindi inclusa nella prima edizione della raccolta (Firenze, Vallecchi, 1933) e in tutte le successive edizioni, è adesso consultabile in TP, p. 149 (al cui apparato di note si rimanda per l’elenco completo delle sedi editoriali).

27  Il brano è tratto dal documento autografo già citato e contenuto in GU II 9.2, cc. 23-24.

28  R. Lucchese, Leonardo Sinisgalli e il «Teatro dell’Usignolo», in Atti del Simposio di Studi su Leonardo Sinisgalli, Matera – Montemurro 14-15-16 maggio 1982, Matera, Liantonio, 1987, p. 389.

29  La citazione è tratta da una lettera di G. Ungaretti ad A. Mondadori, del 15 marzo 1948, conservata presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori di Milano e parzialmente riprodotta nella Cronologia di TP, p. CCXXIV.

30  Nel redigere il contratto con l’Editore Mondadori (28 luglio 1942), Ungaretti presenta un piano delle pubblicazioni che da quel momento saranno iscritte sotto la sigla Vita d’un uomo, tra cui indica due volumi di prose: «Luoghi d’Italia (scritti di viaggio)» e «Il giramondo (scritti di viaggio)».

31  Questa e le seguenti citazioni sono tratte dalla lettera del 1° febbraio 1949, inviata da Ungaretti ad Angelo Guazzoni – direttore delle Edizioni della Meridiana – e conservata nel Fondo Luraghi del «Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei» dell’Università degli Studi di Pavia. La corrispondenza epistolare tra Ungaretti, Angelo Guazzoni ed Eugenio Luraghi, relativa alla pubblicazione de Il povero nella città, è partitamente descritta nel catalogo: Un manager fra le lettere e le arti: Giuseppe Eugenio Luraghi e le Edizioni della Meridiana, a cura di R. Cremante e C. Martignoni, Milano, Electa, 2005, di cui si vedano in particolare il saggio di A. Modena, Il tempo lirico della Meridiana (soprattutto le pp. 52-54), e la scheda analitica sull’iter editoriale del volume ungarettiano, curata da F. Francucci (pp. 130-131) nella quale sono citati ampi brani di lettere.

32  Secondo le testimonianze epistolari contenute nei carteggi con Arnoldo e Alberto Mondadori, Eugenio Luraghi, Angelo Guazzoni, Henri Mermod, Jean Chuzeville, la vicenda editoriale coinvolge tre diverse case editrici (la Mondadori, le Edizioni della Meridiana, le edizioni Mermod) e comprende a quest’altezza cronologica due progetti distinti, consistenti nella pubblicazione di un volume dedicato ai luoghi d’Italia, comprensivo di prose e saggi critici, e di un volume dedicato unicamente alle prose di viaggio.

33  La poesia ha una gestazione assai complessa: nata da una rielaborazione della prosa Appunti per la poesia d’un viaggio da Foggia a Venosa («Gazzetta del Popolo», 22 agosto 1934), fu pubblicata su «La Fiera Letteraria» (2 maggio 1946) assieme ad un’altra poesia (Luglio pugliese), sotto il titolo generale di Acqueforti, con la seguente nota dell’autore: «Sono due paesaggi estivi: uno è il Tavoliere in un luglio senza una gocciola d’acqua; l’altro ricorda un paesino, Calitri, dove avevo passato la giornata e pernottato passando da Venosa alle sorgenti del sole». Successivamente riunito al paragrafo in prosa, il testo è andato a costituire la seconda parte di Alle Fonti dell’acquedotto nel volume Il deserto e dopo (cfr. P. Montefoschi, Note e notizie sui testi, VL, p. 1323). La poesia è adesso consultabile in TP, nella sezione Nuove ritrovate (p. 452).

34  Una carta ds. contente l’indice, conservata in ACGV (GU II 42. 1), testimonia di una prima versione del titolo del volume che appunto ne mette in evidenza la natura "ibrida": «Giuseppe Ungaretti // Il povero nella città // prose <e poesie> di viaggio e un discorso sul Don Chisciotte».

35  Il tema del «demonio meridiano» deriva dall’analisi della canzone leopardiana Alla Primavera o delle favole antiche, che Ungaretti svolse durante il corso universitario del 1946, ma la cui preparazione risale all’anno precedente. Il lavoro di reperimento e trascrizione delle fonti della canzone leopardiana, difatti, avrebbe dovuto concretizzarsi nella pubblicazione di un volume, a cui Ungaretti attende dal 1945 al 1947, recante il titolo di Il demonio meridiano. Oltre all’analisi delle fonti di Alla Primavera, il volume avrebbe dovuto comprendere la trascrizione di alcuni testi che si collegavano al tema del demonio meridiano, come L’Après-midi mallarmeano, Alle fonti del Clitumno di Carducci, e una prosa dello stesso Ungaretti - La risata dello dginn rull - poi intitolata proprio Demonio meridiano (cfr. nota 20). Il dossier che comprende i materiali allestiti da Ungaretti per la pubblicazione, è adesso consultabile in TrP (pp. 1035 e seg.), alle cui note di commento (pp. 1521 e seg.) si rimanda per maggiori informazioni sui testi.

36  Cfr. La risata dello djin Rull, VL, p. 84: «Il sole già cade a piombo; tutto ora è sospeso e turbato; ogni moto è coperto, ogni rumore soffocato. Non è un’ora d’ombra, né un’ora di luce. E’ l’ora della monotonia estrema. Questa è l’ora cieca; questa è l’ora di notte del deserto».

37  Si veda a titolo esemplificativo il seguente passo tratto dalla prosa Il papiro della calma, dedicata alla città di Ercolano (VL, p. 161): «Usciti a rivedere la luce, una luce meridiana, ma senza quella rabbia che a quest’ora fra un istante la farà soffrire, ci avviamo verso gli scavi nuovi». Per quanto riguarda le Puglie si veda in particolare la prosa Il Tavoliere, VL, p. 290: «Egli, il sole, la copre di gioie, come s’è visto. Non solo, e subito mi viene incontro l’altro suo simbolo: il fulgore d’uno scheletro, nell’infinito. Quale merito ci sarebbe altrimenti ad addomesticarlo? Sarà perché sono mezzo Affricano, e perché le immagini rimaste impresse da ragazzo sono sempre le più vive, non so immaginarlo se non furente e trionfante su qualche cosa d’annullato. [...] Voglio dire che anche qui ha regno il sole autentico, il sole belva. Si sente dal polverone, fatti appena due passi fuori. Penso con nostalgia che dev’essere uno spettacolo inaudito qui vederlo d’estate, quand’è la sua ora, e va, nel colmo della forza, tramutando il sasso nel guizzare di lacerti».

38  La lunga prosa è difatti posta in posizione preminente rispetto agli altri testi, ad apertura della silloge e racchiusa tra due note (Nota e Nota seconda).

39  Cfr. Il povero nella città, SI, p. 505: «Non si dimentichi che [...] l’epica europea sorse a contatto degli arabi, che l’Europa prese coscienza della sua unità in contrasto cogli arabi, che la lirica neolatina si maturò nelle penombre della cortesia araba, che i fiori della mistica spagnuola [...] sparsero il loro profumo da innesti islamici». Ma si veda anche la prosa Italia favolosa – pubblicata proprio a conclusione de Il povero nella città - in cui le architetture di Siponto sono paragonate a quelle della «voluttuosa Persia» (VL, p. 442): «Perché nell’era cristiana non dovrebbe essere stata per prima questa terra di Puglia, questo ponte dei Crociati, a immaginare saldamente nella pietra murata e scolpita, un’unità tra Occidente e Oriente?».

40  I testi utilizzati per il copione radiofonico presentano infatti alcune delle correzioni annotate da Ungaretti sull’album contenente i ritagli di tutti gli articoli pubblicati sulla «Gazzetta del Popolo», descritto da Paola Montefoschi nelle Note e notizia sui testi (VL, p. 1147), e individuato come testimone "intermedio" tra la prima pubblicazione in rivista dei testi e il loro inserimento nel volume del ’49 e nelle successive edizioni. L’album è indicato con la sigla AR nella collazione delle varianti presente in VL.

41  Il 31 dicembre 1948 Ungaretti scrive ad Angelo Guazzoni: «Caro Guazzoni / ho consegnato a Sinisgalli il manoscritto. Sinisgalli le esporrà i miei desideri: 1. Fare ricopiare a macchina il manoscritto, e rimandarmelo insieme alla mia copia per una revisione definitiva. 2. Scrivere a Mondadori dicendogli che la Meridiana farà una pubblicazione di alcune mie prose scelte dai volumi che dovranno da me essergli consegnati». Per maggiori informazioni sui rapporti tra Sinisgalli e le Edizioni della Meridiana, si rimanda a Giuseppe Lupo, L’epistolario Luraghi-Sinisgalli, in Sinisgalli a Milano: poesia, pittura, architettura e industria dagli anni Trenta agli anni Sessanta, a cura di G. Lupo, Novara, Interlinea, 2002.

42  Lettera di G. Ungaretti a A. Guazzoni, del 21 maggio 1949.

43  A tale proposito è significativo richiamare il titolo – Il Faqir Don Chisciotte – di un estratto della prosa Il povero nella città che Ungaretti pubblica su «La Rassegna d’Italia» (luglio-agosto 1949), prima dell’edizione in volume.

44  Il poème en prose compare con questo titolo nell’elenco dei testi da inserire ne Il povero nella città, che le Edizioni della Meridiana sottopongono, con la lettera del 17 gennaio 1949, alla casa editrice Mondadori: «Povero nella città; Il deserto; Giornata di fantasmi; Anche oggi; Enea [ma Elea] o la primavera; La pesca miracolosa; La rosa di Pesto; Italia favolosa». Per quanto riguarda l’iter elaborativo della prosa, si veda - oltre alle Note e notizie sui testi in VL, pp. 1367-1369 - il già citato saggio di C. Ossola, «Materia guarita»: il corpo della prosa, cit., pp. 429-439.

45  Ivi, pp. 435-439.

46  La citazione è tratta dal ds. de Il povero nella città, conservato nella cartellina (GU II 9.2) in cui sono raccolti i testi utilizzati nel copione radiofonico. Si tratta di una integrazione ms. inserita sulla c. 2 del ds., più o meno all’altezza del descrizione del faqir, di seguito alla frase «e sempre nella bocca ha un risolino» (corrispondente a SI, p. 509: «sempre alla piega della bocca ha un risolino [...]»), che si riporta per intero: «Gli è morta la ragione è un santo!: Oppure avremmo notato il gobbo, guaritore delle donne sterili, che nel cerchio delle accorse in turba schiamazzante, ne avvinghia una e ruzzola con lei nel polverone; o, avremmo, chissà? notato il Sudanese che quando ero bimbo incontravo a ogni svolta di strada, colosso d’un ebano compatto come l’oro, con una stupida e terribile gamba di legno, e le gengive oscenamente scarlatte. Suonava a perdifiato, fermo come una statua, il flauto; era come, a udirla avvicinarsi, quella musica, se l’animo mi fosse tirato giù in un pozzo; e anche oggi m’avviene se all’angolo cambio di strada, che quel ricordo, senza nemmeno darmi il tempo di pensare e di distinguere, mi getti nel terrore, - mi getti strappato avulso e incarcerato in una smemoratezza senza fondo». Il brano è descritto e riportato anche da C. Ossola nel saggio «Materia guarita»: il corpo della prosa, cit., p. 433: «U.[ngaretti] interviene sul dattiloscritto, abbastanza fedelmente ricavato dall’articolo Il povero nella città apparso sulla "Gazzetta del Popolo", ed in una stesura preparatoria a PNC [Il povero nella città] così inserisce, con nuove varianti, il sempre incombente frammento d’incubo». Nelle Note e notizie sui testi relative a Il Sudanese (VL, pp. 1368-1369), inoltre, P. Montefoschi trascrive tre fogli sciolti ms. contenuti nel dossier dei Manoscritti giramondo, in cui sono presenti tre versioni del brano sopra riportato.

47  La risata dello dginn rull, VL, p. 84. Il passo citato compare anche nel copione radiofonico.

48  Si tratta della «nenia» araba della poesia Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto, contenuta nel copione radiofonico. In una lettera inviata a Giovanni Papini all’inizio del 1915 (G. Ungaretti, Lettere a Giovanni Papini, a cura di M.A. Terzoli, introd. di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1988, p. 3), Ungaretti afferma che la nenia è la traduzione di un canto arabo: «La strofa del ritornello è la traduzione, autentica, d’un brano d’un solito invito dei miei arabi d’Egitto. (Taali li, ia batta. Uanani ali, hì ecc)», e con questo titolo - «Taalili ia batta» - è citata anche nel copione. Un’altra occorrenza della nenia è contenuta nella prosa Roma africana (VL, p. 8), ma per maggiori informazioni si rimanda a A. Marianni, Contributo allo studio delle fonti della poesia di Giuseppe Ungaretti, in Atti del convegno internazionale su Giuseppe Ungaretti, Urbino 1979, 4 venti, 1981, vol. II, pp. 1115-1122. La poesia è adesso consultabile in TP nella sezione Poesie disperse (p. 407).

49  Ibidem.

50  Si riportano di seguito le notazioni musicali contenute nel copione radiofonico: «Il testo si apre con IL TAM TAM DEGLI ANIMALI, modulato da un coro e accompagnato da un sottofondo musicale che riproduce il suono del tam tam»; «(continua per un po’ il tam-tam, poi dissolve lontanissimo)»; «(comincia una nenia araba)»; «(la nenia)»; «Ha il deserto (su quattro piani sonori)»; «(un lungo silenzio)»; «(un vento fortissimo che farà da stacco, poi resta da sottofondo)»; «(la nenia "Taalili ia batta")»; «(la nenia che dissolve)»; «(stacco musicale)»; «(sulla musica araba)»; «(dissolve la musica. Come un’eco ma molto intima)»; «(riprende la musica. Sulla battuta del II speaker come una marcia funebre)»; «(la musica dissolve. Un ritmo accompagnerà il seguente lamento)»; «(l’accompagnamento s’allontana, resta qualche nota, poi svanisce)»; «(passi, sportello che s’apre e si chiude. Alonato [?])»; «(silenzio. Passi. Grida di bambini che vengono man mano in primo piano)»; «(una musica lenta di commento con qualche grido di bambino)»; «(pausa)»; «(argomento musicale, poi silenzio)»; «(stacco musicale rapidissimo)»; «(tam-tam forte. Riprende lontana la prima nenia araba, con le voci delle due donne, il Coro e il negro. Diventa incessante, poi dissolve e sullo sciacquio, lentissima)».

51  La frase citata è aggiunta in calce alla lettera ad A. Mondadori del 15 marzo 1948 (cit.).

52  Cfr. R. Tordi, Ungaretti e i suoi maîtres à penser, Roma, Bulzoni, 1997, p. 80.

53  Cfr. F. Petrocchi, La musica delle parole. Ildebrando Pizzetti e Giuseppe Ungaretti: da «Fedra» a «La Pietà» (2006), in Ead., Le parole nella musica. Letteratura e musica nel Novecento italiano, Bologna, Archetipolibri, 2009, pp. 133-168.

54  Cfr. C. De Pirro, Giuseppe Ungaretti, Luigi Nono, e i «Cori di Didone» (2007), in Id., Scritti, a cura di M. Pollastri, pref. di M. Messinis, Rovigo, Conservatorio Statale di Musica "Francesco Venezze", 2010, pp. 67-86.

55  Si veda ad esempio l’elenco delle riduzioni musicali tratte da poesie di Ungaretti, fornito da Alexandra Zingone nel volume Deserto Emblema. Studi per Ungaretti, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 1996, pp. 127-128, nonché il contributo di M. Luisi, «S’incomincia per cantare / e si canta per finire». La parola è musica per Ungaretti, in Giuseppe Ungaretti. Identità e metamorfosi, Colloquio Internazionale, Lucca, 4-6 aprile 2002, a cura di L. Fava Guzzetta, R. Gennaro, M. Luisi e F. Musarra, Lucca, Pacini Fazzi, 2005, pp. 247-257.

56  Ovviamente si fa qui riferimento alle poesie: Canzone. Descrive lo stato d’animo del poeta; Cori descrittivi di stati d’animo di Didone; Recitativo di Palinuro; Variazioni su nulla; Finale; Cantetto senza parole; Canto a due voci.

57  Lettera di G. Ungaretti ad A. Mondadori, del 5 gennaio 1946, citata in TP, p. 1030.

58  Si tratta della Nota di Ungaretti premessa all’edizione del ’36 di Sentimento del Tempo (Roma, Novissima), ora in TP, p. 775.

59  G. Ungaretti, Nota introduttiva a TP (1969, 1970), ora in TP (2009), p. 738.

60  Ibidem.

61  G. Ungaretti, Il povero nella città, SI, p. 511: «I ciechi sono i faqir dei morti». La frase è contenuta anche nel copione radiofonico, in cui però l’ortografia della parola «faqir» è mutata in «fahir», mentre nel testo pubblicato nel Deserto e dopo, si legge «fachir» (VL, p. 95).

62  Si veda, a titolo esemplificativo, quanto afferma Ungaretti in una lezione universitaria su Vico (Influenza di Vico sulle teorie estetiche d’oggi [1937], SI, pp. 345-346): «Quando avremo da esprimere quest’intuizione, noi sentiremo che questo primordiale modo d’impossessarsi del valore d’una cosa che è l’intuizione, muoverà incontro a noi una musica [...] e questa musica preesistente, necessariamente preesistente alle nostre parole, le modellerà. Questa musica non è stata inventata da noi. Potremmo darle il timbro della nostra voce. Ma questa musica, è una musica di secoli».

63  Si veda la descrizione del fenomeno ottico del miraggio ne La risata dello dginn rull (VL, p. 86), contenuta anche nel copione radiofonico, da cui si cita: «E quando i raggi già sono molto obliqui e che anche la loro rifrazione succede meno ineguale, anche ora dovrò chiudere gli occhi. E perché questo fumo che sento sotto le palpebre, in un anello sanguigno? Riaperto lo sguardo con prudenza, vedrò ormai il cielo; ma non si può dire che sia chiaro: c’è sull’azzurro che si sbianca, un granirsi rosso, e la solita bruciacchiatura d’orlo, giallo morente in viola; e ora so che mi circondano delle miglia, lo so, ma in un modo curioso; a pochi passi da me, le persone attraversano uno sciame come di ali di zanzare di brace [VL, p. 86: «attraversano uno sciame di ali di zanzare di brace»]; e saprò che della gente mi precede, da quella aureola che la nasconde e che con essa s’avanza, e misurerò lo spazio dalla diversa intensità delle varie aureole e, raggiunta la buca vicina al cielo – spettrali – le persone finalmente m’appariranno».

64  Si veda in particolare M.C. Papini, Campana e Nietzsche: dalla poesia alla musica, in Parnasse et Paradis. L’Écriture et la Musique, Atti del colloquio internazionale (Saint-Denis, Université Paris 8-Paris, Institut National d’Histoire de l’Art, 14-16 maggio 2009), a cura di C. Faverzani, in «Travaux et Documents», 2010, n. 46, p. 46: «Nel gioco fonico vertiginoso e ossessivo che nei ben noti versi di Genova stravolge e nega la successione sintattica del discorso [...], la parola, la voce si perde nel risuonare dell’eco, tanto quanto l’immagine simultaneamente sfuma nella mutazione cromatica che ne disperde l’iconica definizione».

65  Lo stesso Ungaretti nella nota che accompagna la pubblicazione della poesia sulla «Gazzetta del Popolo» (2 marzo 1932) ne rileva l’intima struttura musicale: «concerta il motivo amore-morte in un sottile gioco di rime e di parole». Le due quartine sono composte da ottonari e senari, che si alternano secondo uno schema a rime baciate AABB CCDD (cfr. Commento, TP, p. 975), in particolare nella seconda quartina l’anafora iniziale di verso (Questa e Questo), contribuisce ad aumentare l’effetto cantilenante ed ecolalico.

66  Si veda anche Inno alla Morte (da Sentimento del Tempo, TP, p. 157 ): «Immemore sorella, morte, / L’uguale mi farai del sogno / Baciandomi».

67  Alla valenza musicale del componimento – la cui primitiva titolazione era Coro di ondine(«La Fiera Letteraria», 30 gennaio 1949) – che riproduce il lento e incessante movimento del mare, corrisponde un’analoga caratterizzazione iconica, nell’alternanza di versi lunghi e brevi, intesa a suggerire il movimento ondulatorio del mare.

68  Nella conferenza Punto di mira (SI, pp. 298-299) Ungaretti spiega nel seguente modo i primi versi della poesia: «Silenzio degli occhi perché tutta la notte il soldato era rimasto senza sonno, e nell’oscurità i suoi occhi, benché aperti, erano senza visione, erano silenziosi. Dondolo di ali in fumo, e cioè l’oscillare della prima nebbia rischiarata e che somiglia ad ali che svaniscono, mozza il silenzio degli occhi, taglia d’un tratto, fa cessare improvvisamente il silenzio degli occhi, dà agli occhi una visione, suscita per gli occhi un colloquio. Negli altri versi si prosegue la descrizione dell’alba».

69  Si ricorda, a questo proposito, la collaborazione alla rubrica radiofonica de «L’Approdo», per cui cfr. Carlo Betocchi-Giuseppe Ungaretti, Lettere (1946-1970), a cura di E. Lima, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2012; ma si veda anche la versione ungarettiana del radiodramma, Francesca, liberamente tratto da una novella di Matteo Bandello (Pandolfo del Nero è seppellito vivo con la sua innamorata ed esce per nuovo accidente di periglio), trasmessa da Paris-Inter il 19 giugno 1947 all’interno della serie intitolata La nouvelle radiophonique. La traduzione di Ungaretti, con il titolo mutato In quest’ora può farsi notte, fu trasmessa dalla Rai, con la regia di U. Benedetto, il 21 gennaio 1953, il 25 febbraio dello stesso anno e il 20 gennaio 1959, ed è adesso pubblicata in Appendice al volume Giuseppe Ungaretti-Jean Lescure, Carteggio (1951-1966), a cura di R. Gennaro, Firenze, Olschki, 2010.

70  Nell’Introduzione a Per conoscere Ungaretti (Milano, Mondadori, 1971) Leone Piccioni osserva: «La Terra Promessa fu inizialmente concepita da Ungaretti (anche nel suo primitivo titolo, Palinuro) come un melodramma con personaggi e coro e musica. Doveva svilupparsi secondo un certo disegno narrativo e compiersi in maniera tale da poter essere anche rappresentata». Di notevole interesse è dunque il progetto di un adattamento scenico dei Cori descrittivi di stati d’animo di Didone, proposto da Lescure e approvato da Ungaretti, ma poi non realizzato: «Pour l’instant ce que j’ambitionne de réaliser est une sorte d’oratorio tragique avec les chœurs de Didon. [...] Je pense à une scène très statique [...] avec seule au fond Didon, ou plutôt le buste de Didon apparaissant dans la pénombre. A gauche un choryphée [sic], à droite le chœur, masqué. [...] Le tout dans une lumière très sombre, très agonie du monde» (lettera del 7 marzo 1952, in Giuseppe Ungaretti-Jean Lescure, Carteggio, cit., p. 25).


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Giugno-dicembre 2012, n. 1-2